Mondo

“Il cloud seeding non c’entra con le alluvioni a Dubai”

Per la professoressa Sonia I. Seneviratne, del Politecnico di Zurigo, è molto più probabile che all’origine delle piogge abbattutesi sugli Emirati Arabi Uniti vi sia il riscaldamento climatico

  • 23 aprile, 05:47
  • 23 aprile, 09:11
608976240_highres.jpg

Una strada allagata a Dubai

  • Keystone
Di: Sandro Pauli

Non succedeva da 75 anni: è uno dei titoli più ricorrenti, che abbiamo letto negli scorsi giorni nelle pagine di cronaca che riferivano dell’evento meteorologico estremo, che ha colpito negli scorsi giorni il Golfo Persico. Piogge di rara intensità si sono abbattute in particolar modo negli Emirati Arabi Uniti. A Dubai si stima che in meno di 24 ore siano caduti più di 250 millimetri di pioggia, che hanno sommerso ampie porzioni della città e allagato le piste dell’aeroporto.

Quando sono apparse le prime immagini è subito cominciata a circolare una voce – ripresa anche da diversi media – che l’evento sarebbe la conseguenza di un’operazione di cloud seeding condotta dal Governo emiratino.  Ma cos’è il cloud seeding?

609155319_highres.jpg

Pochi giorni fa a Dubai

  • Keystone

Per capire ci siamo rivolti a Sonia I. Seneviratne, professoressa all’istituto per l’atmosfera e il clima del Politecnico di Zurigo. “Il cloud seeding è un procedimento che consiste nell’inviare molecole chimiche nelle nubi che fungano da nuclei di condensazione per indurre la pioggia quando l’umidità è molto alta. È stato proposto anche per contrastare la grandine. Teoricamente può essere un metodo per generare pioggia in una regione gravata dalla siccità. Bisogna però sottolineare che sul fronte della ricerca in questo ambito c’è ancora parecchio da fare. I risultati fin qui raccolti non permettono di trarre conclusioni solide e per il momento non è possibile affermare con assoluta certezza che il cloud seeding possa generare pioggia e che quindi il procedimento abbia una sua utilità”.

Dubai sott’acqua

RSI Mondo 17.04.2024, 12:39

  • Keystone

Il cloud seeding con le alluvioni negli Emirati Arabi Uniti quindi non c’entra nulla? “Affermare che c’entri qualcosa è poco realista – risponde la professoressa Seneviratne – Prima di tutto è stato persino menzionato chiaramente che non è stato utilizzato per questo evento. Detto questo la ricerca suggerisce pochi effetti dal cloud seeding”. Inoltre, sottolinea la nostra interlocutrice, “non c’è bisogno di invocare il cloud seeding per questo evento. Infatti, un’ipotesi più probabile è che il riscaldamento globale causato dall’uomo abbia giocato un ruolo nell’intensità. È ormai noto che le precipitazioni diventano più intense con il riscaldamento globale, anche nelle regioni secche, anche se il segnale è ancora debole. In ogni caso, parlare di cloud seeding per le alluvioni di Dubai mi sembra un’ipotesi alquanto inverosimile”.

609245500_highres.jpg

Un'immagine scattata a Dubai il 19 aprile

  • Keystone

L’ipotesi “riscaldamento climatico” convince decisamente di più la professoressa Seneviratne. “Implica masse di aria umida maggiori in caso di precipitazioni e potrebbe quindi aver influito sulla loro intensità. Si parla però anche di una concentrazione di masse d’aria particolarmente umida sopra l’area del Golfo Persico nei giorni dell’alluvione. Potrebbe quindi anche essere un evento legato al caso”.

Un'immagine satellitare di Dubai scattata il 3 aprile 2024

Un'immagine satellitare di Dubai scattata il 3 aprile 2024

  • NASA
Un'immagine satellitare di Dubai scattata il 19 aprile 2024

Un'immagine satellitare di Dubai scattata il 19 aprile 2024 (dopo l'alluvione)

  • NASA

Piogge torrenziali a Dubai

Telegiornale 17.04.2024, 20:00

  • Sonia I. Seneviratne
  • Dubai
  • Emirati Arabi Uniti
  • Golfo Persico
  • Politecnico di Zurigo
  • cloud seeding

Correlati

Ti potrebbe interessare