Un’arte grezza, pura, non filtrata
Jean Dubuffet
Così definiva l’Art Brut il suo “inventore”, l’artista francese Jean Dubuffet.
Era il 1945 quando l’artista e scrittore Jean Dubuffet coniò il termine “Art Brut” per descrivere le opere di autori “outsider”, spesso autodidatti e marginalizzati, che non avevano mai considerato l’idea di diventare artisti. Nata nel cuore di una Parigi postbellica, lontano dalle sale dei musei d’arte e dai salotti raffinati, l’Art Brut rappresenta un’arte grezza, pura, non filtrata.
Nasce l’arte dell’istinto, dell’anima nuda, non certo dunque l’arte dei dilettanti, l’arte dell’espressione incontaminata che esce dai percorsi accademici, dalle convenzioni artistiche e culturali: è l’arte di chi non ha frequentato scuole, ma ha imparato da sé, dai propri sogni, dalle proprie visioni.
Un’arte che ispirerà, nel corso della sua carriera, lo stesso Dubuffet, che ne diviene anche il principale collezionista. La sua donazione di cinquemila opere nel 1971 alla città di Losanna è all’origine della Collection d’art brut, che oggi vanta una collezione di ben 70’000 opere.
Una importante mostra al Museo delle culture di Milano – realizzata in collaborazione con il museo losannese – ne racconta la genesi e i temi attraverso le opere di alcuni dei protagonisti dell’Art Brut.
Per capire quanto questa arte “incontaminata” abbia contribuito ad ampliare i confini dell’arte e come lo sguardo sull’Art Brut sia cambiato dalla metà del Novecento a oggi, Emanuela Burgazzoli ne ha parlato dal MUDEC in Voci dipinte con chi ha ideato e curato l’esposizione Dubuffet e l’art brut. L’arte degli outsider: Sarah Lombardi, direttrice della Collection de l’Art Brut di Losanna e da Anic Zanzi, conservatrice al museo losannese, e per la sezione dedicata a Jean Dubuffet da Baptiste Brun, docente e curatore esperto di Jean Dubuffet.
È proprio Baptiste Brun che, al microfono di Emanuela Burgazzoli, parla della cosiddetta “arte del paradosso di Dubuffet”:
È un’arte del paradosso, perché per Dubuffet si trattava di non restare imprigionato in una sola direzione. Per esempio iniziava una serie, ma poi si trattava di fare il contrario. È un’arte, la sua, che cerca sempre di contraddirsi. Ed è per questo che in mostra abbiamo selezionato le sue opere anche per mostrare la diversità e l’eterogeneità di tutti i suoi lavori. Quindi si va dalle opere più figurative a lavori che sfiorano l’astrazione.
Un’arte paradossale dunque che esce dai confini scontati della cultura dominante, un’arte “anticulturale” che non nasce come una forma convenzionale, ma emerge come un’espressione vitale degli stessi autori, spesso in contrasto con le norme sociali predominanti.
Attraverso un percorso quadripartito, l’esposizione milanese, aperta fino al 16 febbraio 2025, rappresenta una importante occasione per fruire di un corpus di opere e di documenti che collocano in una prospettiva storica l’invenzione del concetto di Art Brut in relazione con il lavoro di Jean Dubuffet nel suo molteplice ruolo di artista, scrittore, teorico e collezionista.
L’arte oltre i suoi confini
Voci dipinte 13.10.2024, 10:35
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