Conflitti

“Vogliamo un Libano neutrale, come la Svizzera”

Alla RSI la testimonianza di padre Charbel El Khoury, sacerdote maronita della chiesa di San Giovanni Marco di Byblos, in Libano, a 36 km a nord di Beirut

  • 7 novembre, 10:30
24:01

3.11.204 Chiese in diretta

RSI Cultura 06.11.2024, 08:37

  • Keystone
Di: Chiara Gerosa, Giornalista co-responsabile della rubrica Chiese in diretta

«Siamo dentro un carcere aperto perché paghiamo il prezzo di una Guerra che non è nostra».

Sono parole forti quelle di padre Charbel El Khoury, sacerdote maronita della chiesa di San Giovanni Marco di Byblos, in Libano, a 36 km a nord di Beirut. Padre Charbel è stato a Lugano a fine ottobre 2024 per raccontare dell’esodo di oltre un milione di persone fuggite dalle zone di guerra e di quanto la Chiesa maronita stia cercando di fare.

Dice ancora: «Questa è la guerra degli altri sulla terra del Libano e noi libanesi ne paghiamo il prezzo. Abbiamo sempre vissuto in pace e nel rispetto malgrado le differenze, cercando di convivere fra cristiani e musulmani di tutte le confessioni».

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Padre Charbel El Khoury

Il Paese dei Cedri oggi è irriconoscibile, ovunque ci sono flussi di rifugiati che scappano nelle zone meno colpite dalla guerra o addirittura lasciano il Paese.

Secondo le autorità libanesi più di un milione e duecentomila persone hanno lasciato le loro case, riversandosi nelle aree considerate più sicure. Tra libanesi c’è una grande solidarietà (chi può dona cibo, accoglie nelle case e si impegna per i feriti), ma il Paese è flagellato da povertà, carenza di farmaci e merci.

Padre Charbel racconta di lunghissime file di persone che si accalcano per cercare un po’ di pane e che a volte, proprio lì perdono la vita, a cause dei missili che le colpiscono. Si dice sia la più grave crisi degli ultimi anni, che fa seguito alla crisi finanziaria del 2019, all’arrivo dei numerosi profughi siriani e all’esplosione nel 2020 del porto di Beirut. La Chiesa maronita è in prima linea per aiutare la gente e in particolare i rifugiati: ha aperto tutte le strutture (le chiese, gli ospedali, i saloni delle chiese...).

«Il nostro patriarca, il cardinal Raï – continua padre El Koury – da tempo incita a fare del Libano un Paese neutrale come la Svizzera, ad essere in pace con tutti e rifiutare la guerra».

Purtroppo però questa voce è inascoltata a causa dei giochi della politica che bloccano il Paese, così come sta avvenendo per la mancata elezione del presidente. Si tratta di una guerra che tiene in ostaggio tutti i libanesi. La Chiesa cerca di dare una speranza anche dentro queste fatiche e sofferenze.

«La popolazione – continua – adesso è sulla croce in Libano e nei paesi attorno a noi ma noi abbiamo fiducia che il Signore non ci lasci. Davvero noi vogliamo la pace e siamo capaci di fare la pace. Come ha detto il Papa la guerra non ci dà la pace, la violenza non ci dà la pace e tutti i combattenti perdono con la guerra, non ci sono vincitori».

Padre Charbel era già stato a Lugano ad inizio 2024 e ha confessato: «Non pensavo che sarei tornato a raccontare di una guerra ormai esplosa, non pensavo di dover parlare di tanti rifugiati, di tanta distruzione».

Il sacerdote maronita intende ritornare nella sua Byblos nei prossimi giorni per portare i tanti farmaci che ha potuto raccogliere tra Italia e Svizzera per aiutare i numerosi malati che non ne trovano più nelle farmacie. Anche nella sua parrocchia si riversano rifugiati in cerca di un po’ di protezione.

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