“Per salvare la scuola è necessario che gli adulti siano davvero curiosi di sapere cosa succede dentro la testa di un bambino: solo a partire da questa comprensione possiamo accompagnarli nella gioia della scoperta intellettuale”. Che Daniel Pennac, scrittore ed ex insegnante di lettere, fosse un pessimo scolaro lo sanno quasi tutti. Che sia stato “salvato” e riportato sulla retta via da un insegnante illuminato è forse altrettanto di pubblico dominio. Non faceva i compiti, non studiava, litigava con i compagni e raccontava un sacco di bugie per salvarsi dagli scappellotti degli adulti. Fino a che qualcuno non decise di dare una direzione al suo talento nell’inventare frottole, trasformandolo in un’arma che avrebbe cambiato il corso della sua vita: l’immaginazione. E allora ecco che da possibile “gangster”, come ha ammesso durante l’incontro con Cliché, divenne uno scrittore.
In Come un romanzo difende i diritti del lettore, sacrosanti, compreso quello di non leggere e di saltare le pagine. In Abbaiare stanca il punto di vista è quello de Il Cane, randagio alle prese con la piccola Mela e un mondo adulto quasi sempre ostile e incomprensibile. Ma è con le vicissitudini della famiglia Malaussène, iniziate nel 1985 ne Il paradiso degli orchi, che crea il suo capolavoro. Benjamin, fratello maggiore e capofamiglia, di professione fa il capro espiatorio: si becca le sfuriate dei clienti insoddisfatti all’interno di un grande magazzino. Un ruolo che secondo Pennac è quantomai attuale, soprattutto quando si parla della nuova amministrazione statunitense: “La politica di Donald Trump si basa sulla fabbricazione di capri espiatori, come Benjamin Malaussène. Lui tratta gli avversari politici non come avversari, ma come capri espiatori. La sua è una retorica basata sulla colpa, aizza la gente a indirizzare la propria rabbia, la propria disillusione sul capro espiatorio che decide lui”. Lo scrittore francese ha una posizione molto critica nei confronti del presidente neoeletto, e in generale della deriva populista del mondo politico tout court.
Belleville, il quartiere parigino in cui vive e ha ambientato la saga dei Malaussène, rappresenta per lui il luogo dove è possibile godere dei vantaggi di una società libera e variegata. Un crogiolo di culture composto da persone provenienti da tutto il mondo, giunte in seguito ad ondate migratorie che nel corso dei decenni hanno coinvolto l’Europa, la Cina, l’Africa, l’Asia.
“Se vuoi ragionare in termini statistici noterai che non si tratta affatto di orde di immigrati, di un’invasione, per niente. Ogni vicissitudine umana ha spinto la gente a muoversi, a scappare, a trovare un nuovo posto dove vivere – sostiene lo scrittore – i pogrom russi hanno portato i polacchi e gli ucraini; i massacri dei turchi gli armeni; il conflitto in Vietnam ha portato i cines;, la crisi economica i portoghesi e gli italiani. E tutti sono arrivati e si sono radicati a Belleville. Se dovessi scrivere nuovamente la saga dei Malaussène, non mi sposterei mai da Belleville”.

Gioco
Cliché 14.03.2025, 21:55