Mi sono state raccontate storie di Billy Paul che ne spiegano lo spirito, sia musicale che imprenditoriale. Sono storie di prima mano che potrebbero sembrare assurde ma che non sorprendono, conoscendo la generazione da cui Paul proviene. Nel suo catalogo solo due sono le canzoni che sono riuscite a sfondare tutte le barriere di pubblico, diventando iconiche e immortali. La prima è ovviamente “Me & Mrs Jones” e la seconda è questa incredibile versione di “Your Song” di Elton John:
La storia narra che Billy Paul avesse un arrangiatore incaricato di cambiare l’arrangiamento di queste due canzoni a ogni esibizione. La logica era: “Se qualcuno viene a vedermi in concerto deve avere un’esperienza unica e dev’essere unica anche se decide di tornare”. Paul pare fosse così bravo nel riconoscere arrangiamenti simili che il licenziamento dell’arrangiatore era una cosa abbastanza normale. Se, durante le prove, sentiva qualcosa di familiare, diceva: “Hai finito le idee, puoi andartene” e ne cercava immediatamente un altro. Questa attenzione all’aspetto performativo mi è tornata in mente in questi giorni, dopo aver rivisto l’intervento, proprio di Elton John, ai Q awards del 2004. Il baronetto del Pop aveva usato parole pesanti per commentare la nomination di Madonna nella categoria “Miglior performance dal vivo”, aggiungendo poi: “Da quando in qua usare il playback è considerata esibizione dal vivo? Scusate ma credo che chi usa il playback in concerti con biglietti da 75 sterline, meriti di essere fucilato”.
Uno che i live li fa veri e non finti è sicuramente D’Angelo. Il 14 luglio 2000, all’Auditorium Stravinsky, per la trentaquattresima edizione del Montreux Jazz Festival, aveva portato il “Voodoo Tour”, considerato da molti uno dei migliori tour degli ultimi cinquant’anni.
D’Angelo attingeva tantissimo a James Brown ma il suo era un modo di concepire la musica completamente diverso da quello di molti altri artisti. Questlove, batterista dei Roots, scrisse – nel suo libro “Mo’ Meta Blues: The World According to Questlove” - che durante la composizione del disco il test finale dell’efficacia di una canzone fosse il rallentamento del tempo. “Se la canzone mantiene il groove con 20 bpm in meno, allora è davvero esplosivo. Lo registriamo lento, così poi quando lo suoniamo dal vivo la gente impazzisce e non la smette di ballare. E le diamo un concerto senza pause, senza la possibilità di fermarsi per capire cosa stia succedendo”.
Ho avuto la fortuna di vedere tanti artisti dal vivo in vita mia: D’Angelo tre volte nell’arco di quattro anni, a cavallo della pubblicazione di “Black Messiah” (2014) e posso dirvi questo, per esperienza fatta e vissuta: il talento sul disco è una cosa, quello dal vivo un’altra.
Se non mi credete, ascoltatevi questa versione di “(You Make Me Feel Like) A Natural Woman” di Aretha Franklin, una delle sue ultime esibizioni dal vivo nel 2016, due anni prima della sua scomparsa. Performance realizzata al Kennedy Center di Washington durante la serata celebrativa che ogni anno assegna una medaglia a tutte quelle figure artistiche che hanno dato un contributo significativo e indelebile alla cultura americana. Quell’anno si celebrava Carol King, che scrisse proprio la musica di questo capolavoro che, ammetto senza nessuna paura, mi commuove a ogni visione.
Cosa rende unico un concerto
Soulovers, Rete Tre 01.12.2024, 21:00
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