Musica pop

Un mondo senza auto-tune

Tra voci leggendarie del passato e pseudoartisti supportati dalla tecnologia

  • Ieri, 17:01
  • Oggi, 11:47
cantare in gruppo
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Di: Lorenzo De Finti/Giovanni Conti/Red. 

In un’epoca in cui la tecnologia sembra dominare la produzione musicale, esiste ancora spazio per la purezza della voce umana?

Da quando l’auto-tune ha fatto la sua spaventosa irruzione nel mondo della musica vocale questa domanda, prepotentemente portata alla ribalta da Stefano Bellisari, in arte Elio, è quanto mai attuale.

Auto-Tune è un software che fu prodotto alla fine degli anni ‘90 per correggere problemi di intonazione. In seguito ha assunto un nome generico per designare questo effetto che altera un po’ il suono della voce. Al di là dell’uso del software come “effetto sonoro”, nessuna voce viene ormai più pubblicata senza passare dal lavaggio correttivo digitale, divenuto ormai prassi comune.

Ma come si faceva prima?

Erano più bravi? C’erano altri trucchi?

Sì, perché dai fraseggi impeccabili di Ella Fitzgerald alla potenza grezza di Robert Plant, fino alle registrazioni live dei grandi crooner e delle potenti rock star, la discografia è ricchissima di esecuzioni vocali impeccabili che hanno lasciato il segno senza bisogno di artifici digitali.

Voi che sapete ha voluto capirci qualcosa di più. Lorenzo De Finti e Giovanni Conti hanno interpellato il critico e saggista Alceste Ayroldi e il chitarrista, compositore e cantante Walter Muto.

«Il problema fondamentale è che il pubblico più giovane ormai è abituato all’auto-tune e, anzi, non sa farne a meno. Questo è l’aspetto più drammatico, a mio avviso. Parlo della Generazione Z, ma soprattutto della Generazione Alpha, che se non sentono canzoni dove c’è l’auto-tune non gli sembra vero, non sembrano neanche qualcosa che possa essere valido».

«In passato chi smanettava erano gli ingegneri del suono, che correvano ai ripari dandosi anima e pena attraverso tutte quelle manopole che dovevano girare. Oggi l’auto-tune risolve sicuramente questo problema. Il ruolo del produttore ormai è quello di stare lì a vedere se quel musicista, o futuro musicista, possa essere una persona che abbia una certa credibilità attraverso i social. E cioè va a vedere quanti follower ha, perché potenzialmente quei follower costituiscono il bacino di utenza dal quale poi andare a prendere, soprattutto per i live». (Alceste Ayroldi, critico musicale e saggista)

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Un mondo senza auto-tune

Voi che sapete... 31.03.2025, 16:00

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  • Barbara Tartari, Lorenzo De Finti e Giovanni Conti

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