Biodiversità, una parola in uso da poco nella scienza: si tratta infatti di un termine recente, coniato dal biologo statunitense Edward Osborne Wilson, famoso anche per essere stato, nella seconda metà degli anni ’80, uno dei pionieri della sociobiologia. A lui si deve appunto la definizione più famosa di biodiversità: “La varietà delle specie viventi, animali e vegetali, che si trovano sul nostro pianeta”.
Una definizione sintetica e chiara, dietro la quale si cela un tema molto complesso, di cui si è occupata la Convenzione ONU sulla Diversità Biologica tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, dove per la prima volta 25 Paesi si sono riuniti per affrontare problematiche legate alla conservazione della biodiversità. Se prima di allora era solo un oggetto di ricerca della scienza, dal 1992 diventa oggetto di politica internazionale. Perciò nel dicembre del 1993 molti governi hanno approvato a livello mondiale la “Convenzione per la Diversità Biologica”, un protocollo per la difesa e la salvaguardia delle specie viventi e dei loro habitat. Già allora era ormai acquisito il fatto che l’impoverimento della biodiversità porta conseguenze negative soprattutto per l’umanità. Non a caso viene considerata il motore dell’evoluzione. E sì, perché ignoranti o smemorati come siamo, non prendiamo in considerazione il fatto che molti medicinali, il cibo e perfino l’acqua o l’aria dipendono irrimediabilmente dalla ricchezza della vita, nella sua straordinaria diversità.
Ad oggi abbiamo battezzato circa 2,2 milioni di specie, ma le stime ritengono che sulla terra ce ne siano almeno otto o nove. Ma anche quella a noi nota resta elusiva, proprio poiché è “ovunque intorno a noi”, ci avvolge completamente. È qualcosa che tendiamo a considerare scontata, come l’acqua per i pesci, rischiando così di non attribuirle la giusta importanza.
Forse è per questo che stiamo causando l’estinzione di un terzo delle specie, senza troppi pensieri.
Ogni venti minuti infatti una specie scompare silenziosamente dalla Terra, con un ritmo di estinzione molto più rapido rispetto a quelli che hanno preceduto le cinque grandi estinzioni di massa della storia biologica del pianeta. Questa sesta estinzione, chiamata antropica, è unica nella storia naturale, poiché è causata per la prima volta dalle attività di una singola specie: la nostra.
E in Svizzera non siamo messi meglio, anzi: nel nostro paese, malgrado la convinzione di essere ancora e comunque virtuosi, la perdita di biodiversità è superiore alla media mondiale, oltre un terzo delle specie animali e vegetali è minacciato (40% di mammiferi e uccelli) e la metà degli ambienti naturali rischia di sparire a causa dell’edificazione e dello sfruttamento intensivo dei terreni.
Nel 2009 uno dei più grandi studiosi al mondo di questioni ambientali, Johan Rockström, ecologo e ricercatore svedese nel campo delle scienze della Terra dell’Università di Stoccolma, ha definito insieme ad altri colleghi i nove limiti biologici, geologici e chimici del pianeta. Ovvero, i confini da non superare per assicurare una vita sana per tutti, per il presente e per il futuro sulla Terra: il Cambiamento climatico, la perdita di Biodiversità, il ciclo dell’azoto e del fosforo, l’inquinamento da sostanze chimiche, la modifica del sistema agrario, l’utilizzo delle acque dolci, l’acidificazione degli oceani, la riduzione dello strato di ozono e l’aerosol.
Superare questi limiti planetari significa andare incontro ad un futuro incerto, imprevedibile e poco controllabile. Sono come gli indicatori sul cruscotto della macchina; quando però nell’auto si accende una sola spia, noi reagiamo immediatamente. Mentre con i limiti del pianeta e il loro superamento non stiamo reagendo con la stessa (e necessaria) tempestività: di queste nove spie del pianeta terra, nel 2009 ce n’erano già tre accese, tra queste il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità. Oggi se ne sono accese altre tre, e sono sei, mentre altri due limiti planetari sono molto a rischio.
Eppure, continuiamo - beatamente e più o meno inconsapevolmente - a pigiare sull’acceleratore.
E questo, malgrado sappiamo, chi più chi meno, che la biodiversità ci fornisce servizi eco sistemici fondamentali anche per la nostra vita. E invece, a dispetto di quanto la scienza ci sta dicendo da tempo, la viviamo come un fatto acquisito e immutabile. Basti pensare che dagli insetti impollinatori dipende il 70% di quello che mangiamo, quindi se noi riduciamo le popolazioni di organismi che ci danno questo importante servizio - e lo stiamo facendo, visto che l’abbondanza di api e insetti impollinatori è calata del 35% - togliamo dalle nostre tavole buona parte di quel che garantisce il nostro sostentamento. Ma sono molti altri i servizi indispensabili per la sopravvivenza e lo sviluppo della nostra specie che la Biodiversità ci fornisce, e per di più gratuitamente, a partire dall’ossigeno che respiriamo, che è prodotto mediante fotosintesi dalle alghe e dai vegetali verdi. O dalle piante e dagli animali con cui ci nutriamo. Senza dimenticare che i microorganismi formano il suolo e lo mantengono fertile, che gli ecosistemi seminaturali depurano l’acqua, proteggono contro le piene, le valanghe e la caduta di massi e assorbono CO2. E che la biodiversità provvede anche alla nostra salute, non soltanto fornendoci molti farmaci: risulta sempre più evidente come nelle nostre città (dove vive ormai l’80% della popolazione) la biodiversità vegetale, ovvero il verde urbano, riesca a ridurre le bolle di calore in percentuali altissime, ad assorbire le acque meteoriche quando piove, a diminuire le polveri fini create dal traffico. Senza dimenticare i valori relazionali della biodiversità, come l’amore e la bellezza (perché ci dà anche un valore di tipo estetico e spirituale per il quale Wilson aveva coniato il termine biofilia, ovvero l’amore per tutto ciò che è biologico): è un fatto che noi abbiamo un istintivo benessere nello stare in mezzo alla biodiversità. E senza contare ancora un altro aspetto, spesso trascurato, il cosiddetto valore di principio, ossia il fatto che non abbiamo alcun diritto di interrompere il percorso evolutivo di un’altra specie. Siamo solo uno dei rami dell’albero della vita, e non esiste alcuna giustificazione che ci conferisca il diritto di tagliare via un terzo di quell’albero. Questo non solo ci danneggia, ma è anche privo di senso dal punto di vista etico. Una riflessione che ha profonde implicazioni bioetiche in diversi ambiti.
È vero che quella degli esseri umani che riducono la biodiversità è una vecchia storia: da sempre, dove arriva l’Uomo, la biodiversità diminuisce. Già con il Neolitico per esempio, quando vengono introdotti l’agricoltura e l’allevamento, e dunque la selezione di poche specie, la biodiversità è calata quasi del 50%. Ma se tutti noi, 8 i miliardi di persone, vogliamo continuare a beneficiare di questo generoso e straordinario pianeta che proprio grazie alla sua biodiversità ci garantisce la vita, dovremmo siglare un nuovo patto con il resto della Natura, che è poi il grande sistema di relazioni di cui anche noi facciamo parte.
Tenendo presente però che uno dei motori fondamentali dell’evoluzione è non la semplice competizione, come si è ancora portati a credere, bensì la cooperazione, che - come sottolinea il neurobiologo Stefano Mancuso presentando la terza edizione del “suo” Pianeta Terra, il Festival in programma a Lucca dal 3 al 6 ottobre 2024 - “è il mutuo appoggio, il sistema più efficiente per garantire la sopravvivenza di tutti. Se ragioniamo in termini di specie, il mutuo appoggio è un’opzione naturale, ancor prima di diventare una scelta morale”. Obiettivo di quest’edizione è proprio quello di osservare e conoscere il modo in cui ogni individuo crea alleanze con gli altri della sua specie e con le altre specie, sperimentando quel piccolo miracolo che si avvera quando specie diverse, imparando a stare insieme, stringono una relazione.
E si garantiscono un futuro. Perché solo l’unione delle specie fa la forza. Una forza per la vita, che nessun arsenale di armi potrà mai garantire.
Approfondimenti:
Le farfalle sentinelle per la biodiversità (Alphaville, 20 settembre 2024)
Per tutelare la biodiversità (Info RSI, 9 settembre 2024)
Biodiversità in città (Giardino di Albert , 16 giugno 2024)
Cosa significa “biodiversità”? (Rete Uno, 22 maggio 2024)
Biodiversità (Giardino di Albert, 25 ottobre 2020)
La biodiversità è vita, è la nostra vita (Giardino di Albert , 20 giugno 2010)