Il glifosato è l’erbicida più discusso e più diffuso al mondo, sia in agricoltura sia per la manutenzione del verde urbano: strade, ferrovie, parchi. Il 23 settembre scorso la Commissione europea ha proposto di estendere di altri 10 anni l’approvazione dell’UE per il suo utilizzo, poiché i dati sulla sua pericolosità, secondo quanto sostenuto in un documento dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) dello scorso luglio, non sarebbero sufficienti a decretarne l’abbandono.”
La proposta è stata messa ai voti il 13 ottobre, senza raggiungere la maggioranza qualificata necessaria né per approvarla né per respingerla; e così la decisione è stata rimandata a novembre.
Ma cos’è il glifosato?
È un chimico svizzero, Henri Martin, ad aver scoperto negli anni ‘50 questa molecola, il fosfonato di glicina. Una ventina di anni dopo nei laboratori della Monsanto è stata scoperta la sua azione come erbicida ad ampio spettro, meno tossico rispetto agli analoghi prodotti e molto efficace sia in agricoltura sia per la manutenzione del verde urbano: strade, ferrovie parchi. Addirittura Monsanto ha creato piante geneticamente modificate per resistere a questo diserbante, così che distribuendo il glifosato sui campi si elimina ogni erbaccia o pianta tranne quella che si desidera coltivare.
Sembrerebbe una storia lineare e senza criticità; in realtà, come tutti gli erbicidi e i pesticidi, anche il glifosato – presente nel pesticida Roundup – non solo è da tempo sotto osservazione, ma come nessun altro è da anni protagonista di accesi dibattiti e di pareri discordanti da parte degli stessi enti che dovrebbero verificarne la pericolosità.
Il dibattitto si è intensificato da quando, nel 2015, lo IARC, l’agenzia internazionale dell’Oms per la ricerca sul cancro, lo ha inserito nella lista delle sostanze “probabilmente cancerogene”. Un tumore in particolare sarebbe associato al glifosato secondo alcune analisi epidemiologiche: il linfoma non-Hodgkin. Ecco perché questa sostanza si trova da anni al centro di numerose sentenze delle corti di giustizia statunitensi e non solo, contro la produttrice Bayer Monsanto. La multinazionale è già stata condanna a pagare un mega-risarcimento a cittadini americani ammalatisi di tumore.
Un paio di settimane fa un ragazzo francese che presenta malformazioni congenite causate dall’esposizione al glifosato della madre durante la gravidanza, ha ottenuto un risarcimento dalla ditta produttrice (la tedesca Bayer, che ha acquisito la Monsanto): è una prima volta per un caso di malformazioni e non per insorgenze tumorali.
Malumori in Europa per l'uso del glifosato
SEIDISERA 21.09.2023, 18:30
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Malgrado il parere espresso già nel 2015 dall’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms, sia l’Efsa che l’Autorità europea per le sostanze chimiche (Echa) sono giunte a conclusioni diverse dall’IARC, esprimendo sul glifosato giudizi più rassicuranti. Ma a gettare un’ombra di discredito sul lavoro dell’EFSA, e in particolare e sulla sua indipendenza, vi sono stati i cosiddetti Monsanto Papers, una serie di documenti interni di Monsanto, svelati inizialmente da Le Monde e resi pubblici poi anche da La Stampa e il Guardian nell’ambito di procedimenti legali avviati negli Stati Uniti a partire dal 2017, la cui declassificazione è il risultato di oltre 3.000 denunce di persone affette da linfoma non-Hodgkin, che accusano i pesticidi a base di glifosato di essere la causa della loro malattia.
Questi documenti hanno rivelato come circa un centinaio di pagine del rapporto dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare sui rischi del glifosato siano stati copiati – parola per parola – dalla richiesta di rinnovo dell’autorizzazione da parte delle aziende che lo producono. E si tratta proprio delle pagine più controverse, quelle sulla potenziale genotossicità, cancerogenicità e tossicità riproduttiva del glifosato.
Inoltre, un recente studio dei ricercatori svedesi – Cristina Rudén, tossicologa presso il Dipartimento di scienze ambientali dell’Università di Stoccolma e il chimico Axel Mie, Assistant professor al Karolinska Institutet di Stoccolma – ha rivelato che i produttori del pesticida non avevano presentato all’Efsa gli studi che dimostrano i danni causati dalla sostanza. Quegli studi che invece Bayer e Syngenta erano stati obbligati a presentare alle autorità di regolamentazione statunitensi.
La lunga guerra animata dai Monsanto Paper, si era risolta nel 2017 con un compromesso: una proroga dell’Unione Europea di 5 anni (fino al 2022) e non 15 come consuetudine, e con alcune limitazioni: l’uso della sostanza nei parchi e nei giardini pubblici avrebbe dovuto essere ridotto al minimo, se non essere assolutamente vietato. La proroga è poi stata temporaneamente prolungata fino a poche settimane fa in attesa delle valutazioni dell’Echa e dell’Efsa, che a luglio di quest’anno ha dichiarato di non aver individuato alcuna «area critica di preoccupazione» per gli effetti nell’uomo, negli animali e nell’ambiente che possa impedire l’autorizzazione dell’erbicida.
“Si tratta di un team di ricercatori di alto livello e di uno studio altamente credibile a cui gli enti regolatori devono prestare attenzione”, ha affermato Phil Landrigan, pediatra ed epidemiologo che ha lavorato per anni presso il CDC e l’Environmental Protection Agency (EPA) e ora dirige il Programma per la salute pubblica globale e il bene comune al Boston College.
Dal canto suo Michael Antoniou, uno scienziato del dipartimento di genetica medica e molecolare del King’s College di Londra che studia il glifosato da anni, ha affermato che i risultati di queste ricerche sono “preoccupanti” con “importanti implicazioni sulla salute”, arrivando a chiedersi: “quando i regolatori smetteranno di vivere nei secoli bui ed entreranno nel 21° secolo?”.
Queste nuove acquisizioni sembrerebbero smentire quanto affermato sia dall’europea Efsa che dall’americana Epa, l’Environmental Protection Agency, che in una revisione del 2020 aveva affermato essere improbabile che il glifosato sia cancerogeno per l’uomo. Ma nel giugno del 2022 una corte d’appello ha ordinato all’EPA di riesaminare la sostanza chimica, scoprendo che i funzionari avevano ignorato diversi studi importanti e che la maggior parte degli studi esaminati dall’EPA indicavano che l’esposizione umana al glifosato è associata almeno in qualche modo ad un aumento del rischio di sviluppare il linfoma non Hodgkin.
A breve ci sarà un’altra importate decisione: quella relativa alla causa intentata con una azione collettiva storica contro il colosso chimico della Monsanto, che coinvolge più di 800 australiani affetti dalla malattia, i quali sostengono che il loro cancro è collegato all’esposizione a Roundup (l’erbicida a base di glifosato) tra luglio 1976 e luglio 2022.
E chissà che non possa pesare sulla decisione dell’UE, se non altro per far sì che vengano tenuti in conto e valutati con attenzione i tanti studi che negli ultimi 5 anni sono stati condotti intorno al glifosato e ai rischi che questo può rappresentare per l’uomo ma anche per l’ambiente, perché l’impatto del glifosato sugli organismi degli ecosistemi acquatici, per esempio, sembra ormai comprovato.
“L’erbicida è stato infatti ritrovato nel 45-46% delle acque superficiali,” ha dichiarato Pietro Paris dell’ISPRA, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, “e si tratta di una sostanza in grado di uccidere organismi viventi, in particolare quelli acquatici. Questo significa che sia pesci che crostacei risultano esposti in modo cronico”, sottolineando come “le gravi ed evidenti prove sulla tossicità ambientale dovrebbero bastare per decretare un divieto del glifosato”.
Ma a creare ancora dubbi sull’opportunità di eliminare o ridurre drasticamente il glifosato, al di là dei giudizi contrastanti delle varie agenzie ed enti di controllo coinvolti, vi è anche la convinzione che non esista alternativa, anche se singoli Stati membri hanno già optato per restrizioni parziali o divieti totali del diserbante. Tra questi la Germania, che sta attuando in modo coerente l’eliminazione graduale dell’erbicida annunciata nel 2019, e la Francia, che a inizio anno ha ricevuto il via libera da parte della Commissione europea per poter sostenere economicamente le aziende che non utilizzano più l’erbicida reputato potenzialmente cancerogeno e che potrebbe essere vietato nell’Unione europea.
Chi sostiene l’esigenza di continuare a usare il glifosato difende il diserbo chimico in agricoltura come pratica indispensabile per garantire il reddito degli agricoltori. Una tesi che sembrerebbe smentita sia dall’aumento delle superfici agricole gestite con metodi biologici, che escludono completamente l’uso di sostanze chimiche di sintesi – in Svizzera nel 2020 il 15% delle aziende agricole erano biologiche, per una superficie di 177 300 ettari, più che raddoppiata rispetto a 20 anni fa – sia da recenti studi, come quello condotto dall’Istituto Sant’Anna e dall’Università di Pisa nell’ambito di un progetto europeo e pubblicato sulla principale rivista scientifica di settore, Agronomy for Sustainable Development. Una ricerca, condotta per 3 anni in un’azienda non biologica, che ha dimostrato come adottando semplici pratiche agroecologiche è possibile eliminare completamente l’uso del glifosato garantendo le rese e riducendo i costi per le aziende agricole.
Staremo a vedere se l’Unione europea saprà applicare con rigore il principio di precauzione, laddove vi sia anche una piccola probabilità di rischio per la salute pubblica e per l’ambiente. E mettere in atto coerentemente la sua stessa strategia ‘From Farm to Fork’, che prevede la riduzione del 50% dei pesticidi entro il 2030. E quanto poco o tanto peseranno invece i miliardari interessi in gioco. Affaire à suivre.
Il glifosato fa sempre discutere
RSI Cultura 30.10.2019, 19:52