Nell’immaginario comune, da sempre il veleno è sinonimo di una sostanza che porta alla morte. Una sostanza potente e a tratti anche magica; d’altronde come scriveva la regina del giallo Agatha Christie “ha un certo fascino, non ha la crudezza del revolver né quella del coltello” (Miss Marple: giochi di prestigio). Non a caso dunque la scrittrice e drammaturga britannica, più di qualunque altro autore del suo genere, scelse il veleno come arma del delitto per eccellenza, con oltre trenta dei suoi personaggi che diventarono le vittime di una straordinaria varietà di tossine, dai veleni comuni come la stricnina, il cianuro o l’arsenico, a quelli insoliti come il tallio, la conina o l’aconito, per arrivare anche a quelli medici come la belladonna, la morfina e via di seguito.
L’etimologia della parola veleno affonda probabilmente le sue origini nel lemma latino venenum, forse da Venus, la dea romana votata all’eros e alla bellezza, e dunque con un’accezione iniziale di “filtro amoroso”; la sua declinazione latina conduce però anche a “virus o veneno”, che in italiano diventerà appunto veleno con riferimento alle sostanze tossiche o letali e soprattutto alle tossine, ossia i veleni prodotti da organismi viventi.
Dendrobates tinctorius azureus
La genesi delle sostanze velenose è indubbiamente da ricercare in natura, in piante ed animali che lo producono normalmente per difendersi. Per quanto riguarda gli animali, già delle antiche pergamene egizie del duemila a.C. citavano insetti quali le api, fondamentali per l’impollinazione di numerose specie vegetali (e quindi per il prosieguo della vita sulla Terra), ma anche in grado di produrre uno potente antiinfiammatorio: il veleno delle api, benefico per il cuore e capace anche di ridurre la pressione sanguigna.
Il veleno animale, detto propriamente zootossina o tossina animale, è dunque una qualsiasi tossina prodotta da animali come serpenti, scorpioni, ragni, meduse, rane, cimici e molti altri. Un’antichissima sostanza che, come afferma la divulgatrice scientifica Ann Jones, oggi viene sempre più identificata dagli scienziati come ‘la medicina del futuro’, custodendo la chiave di un’intera, nuova, generazione di farmaci, in barba all’evoluzione dei prodotti di sintesi. Il veleno potrebbe infatti rivoluzionare le cure mediche, ma non solo: «più è letale, meglio è». Ne è convinto il biochimico Glenn King, il quale assieme ad altri scienziati, è andato in esplorazione dell’Isola di Fraser in Australia, a 250 km da Brisbane, luogo che custodisce panorami paradisiaci e insieme creature altamente velenose.
Ricerca sul campo, analisi di laboratorio, prove e test di vario genere, sono solo alcune fasi del processo che hanno permesso di sviluppare farmaci a partire da veleni ad esempio di ragni dei cunicoli, di cimici assassine, di centopiedi, di scorpioni e di vespe: tossine che presto potranno agire sul sistema nervoso dell’uomo anche in modo positivo. Il professor Glenn asserisce infatti che, se da un lato il veleno di questi animali invertebrati paralizza la preda da centinaia di milioni di anni con delle neurotossine, d’altro canto si è capito che le stesse molecole possono essere impiegate sorprendentemente anche a fini terapeutici. Il veleno del ragno dei cunicoli, ad esempio, può uccidere una persona per insufficienza respiratoria, ma dal punto di vista terapeutico è letteralmente una miniera di molecole: ci sono fino a tremila molecole attive (peptidi) nel veleno di un solo ragno, ossia uno dei più complessi al mondo. Di queste, una sola molecola è responsabile della sindrome d’avvelenamento umano e può uccidere, ma senza di essa il veleno per noi diventa completamente innocuo, e dalle altre molecole si possono invece trovare benefici. Una sequenza è già risultata ad alto potenziale terapeutico, usata per ridurre l’impatto di mortalità da ictus, dimostrando anche che il peptide in questione impedisce ulteriori danni cerebrali; già in corso è dunque lo sviluppo di un nuovo farmaco che contiene questa particolare molecola, così da poter presto prevenire o curare le condizioni di ischemia.
Morte o guarigione, la storia del veleno
Il giardino di Albert 02.11.2024, 17:00
Sempre a proposito di zootossine di aracnide, va detto che è stata già isolata anche una particolare tossina peptidica dal veleno della Thrixopelma pruriens, una specie di ragno che per via del suo manto è stata soprannominata anche tarantola ‘velluto verde’ (Peruvian Green Velvet Tarantula); un team di ricercatori dell’Università del Queensland ha infatti scoperto che questa tossina sembra in grado di inibire in maniera potente e selettiva i recettori del dolore presenti nelle cellule neuronali, una proprietà che potrebbe rivelarsi salvifica per i milioni di persone che soffrono di dolori cronici e neuropatici in quanto, al contrario dei farmaci antidolorifici di sintesi, i nuovi agenti terapeutici potrebbero garantire un trattamento più sicuro ed efficace del dolore, senza incappare in dipendenze e minimizzando gli effetti collaterali a danno di fegato, reni e stomaco.
Un altro esempio è poi la tossina prodotta dal serpente bruno orientale, che ha proprietà coagulanti del flusso ematico; una particolare proteina contenuta nel suo veleno (tossina in corso di brevetto) è infatti in grado di fermare eccessive perdite di sangue, situazione molto favorevole ad esempio durante un intervento chirurgico, a maggior ragione visto che la tossina può essere applicata solo localmente laddove serve.
Per quanto riguarda ancora le condizioni di dolore, un animale marino che riserva innumerevoli sorprese è la lumaca cono, comunemente anche detta lumaca marina assassina, originaria dell’Oceano Indiano e del Pacifico, dotata di un dente per iniettare il veleno e paralizzare la preda. Tossine che studiate hanno fatto emergere una spiccata capacità analgesica, talmente potente da permettere lo sviluppo di un farmaco analogo alla morfina che potrebbe essere usato per contrastare il dolore cronico. Se si pensa poi che ognuna delle 750 specie conosciute ad oggi di lumaca a cono è in grado di produrre il proprio specifico veleno, è evidente che ci sono moltissime prospettive terapeutiche all’orizzonte ancora da vagliare.
Le potenzialità delle zootossine sono talmente vaste ed interessanti da spingere la formazione di gruppi di ricerca in tutto il mondo. In Europa è stato costituito il progetto VENOMICS con l’obiettivo di creare la più grande banca dati al mondo di peptidi sintetici, ossia delle molecole proteiche contenute nel veleno di alcuni animali in grado di apportare all’uomo dei significativi benefici medici. Un lavoro lungo e complesso, migliorato e velocizzato sicuramente dalle recenti tecnologie bioinformatiche attraverso le quali i ricercatori possono lavorare, ricombinando i peptidi dei veleni di ben centosettantamila animali velenosi, che sono stati estratti da più di 200 specie diverse. Una libreria dei veleni che ad oggi funge da base nello sviluppo di nuovi farmaci utilizzati in moltissime patologie, che trasformano quindi il veleno da sostanza estremamente letale a grande alleato terapeutico.