Storia

L’identità sotterranea della Svizzera

La storia elvetica nelle viscere della terra

  • 31 ottobre 2023, 10:55

Viaggio al centro della terra

La storia infinita 30.10.2023, 21:10

Di: Jonas Marti

Quando nel 1848 nacque la Confederazione moderna, creata la Svizzera... bisognava creare gli svizzeri. Fino ad allora eravamo vissuti ognuno per sé, ognuno arroccato nel proprio cantone: il senso di appartenenza alla Confederazione era debole e bisognava assolutamente trovare un mito nazionale capace di unire e cementare le diverse parti del paese. Proprio in quegli anni dai laghi svizzeri, da quello di Neuchatel fino a quello di Costanza, cominciavano ad emergere numerosi reperti di siti palafitticoli e l’occasione era ghiotta. Perché non creare il mito del popolo delle palafitte?

Miti sotterranei

Così nel 1867, per presentare la Svizzera all’Esposizione Universale di Parigi, il Consiglio federale incaricò il pittore neocastellano Auguste Bachelin di realizzare alcuni dipinti che mostrassero un leggendario popolo svizzero che abitava in villaggi lacustri, idealizzazione romantica per coltivare l’idea di un’origine comune tra le varie culture. Insomma: una scoperta archeologica era diventata mito nazionale.

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Veduta idealizzata di un villaggio palafitticolo dipinta da Auguste Bachelin nel 1867

  • Museo Nazionale Svizzero

È sorprendente pensare quanta della storia svizzera nasce e si trasforma nel mondo sotterraneo. Quando nel Novecento la Confederazione si trovò circondata da potenze ostili, le autorità decisero di scavare infinite gallerie nelle viscere della montagna e nacque un secondo mito sotterraneo: il Ridotto Nazional, un sistema di migliaia di fortificazioni e postazioni difensive costruite per difendere le Alpi nel caso di un’invasione nemica.

Come i nani del Signore degli Anelli

Non era la prima volta che gli svizzeri scavavano, anzi. Come i nani del Signore degli Anelli, nel corso degli ultimi due secoli abbiamo bucato in pratica ogni montagna e costruito 4 000 chilometri di gallerie. Il primo traforo è opera di un ticinese e risale addirittura agli inizi del Settecento, quando sulla mulattiera che da Andermatt porta al Ponte del Diavolo Pietro Morettini di Cerentino realizza l’Urnerloch, il Buco di Uri: sono solo 64 metri di lunghezza, ma per l’epoca l’impresa è colossale.

Nell’Ottocento le sfide che pone l’arrivo del treno sono ancora più fantascientifiche. Per scavare il primo grande traforo, i 15 chilometri della galleria ferroviaria del San Gottardo, tra il 1872 e il 1880 si usa per la prima volta la dinamite, nuova strabiliante tecnologia inventata solo pochissimi anni prima, nel 1867. All’impresa partecipano migliaia di operai, soprattutto italiani che devono lavorare in condizioni di lavoro terribili. Pochi anni dopo arrivano il Sempione, il Lötschberg, poi nel secondo dopoguerra le gallerie autostradali fino ad Alptransit. E ad ogni opera, la montagna impone il suo tributo. Una stima parla di 10 000 morti totali per conquistare le viscere della terra svizzera.

Ferrovia e archeologia

Dopo aver scavato le gallerie, bisogna però costruire i binari. La costruzione della linea ferroviaria del San Gottardo è la più grande opera di scavo mai condotta fino a quel momento in Svizzera. Da Chiasso ad Airolo, si smuovono tonnellate di terra e dal sottosuolo cominciano ad emergere, inaspettati, i primi tesori. I cimiteri celtici di Arbedo, Castione e Claro a cui seguono, durante i lavori di correzione del fiume Ticino, quelli di Gorduno e di Gudo. In pochi decenni, qua e là per il cantone, la terra riporta alla luce la storia del nostro territorio.

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Ritrovamenti archeologici a Gudo a inizio Novecento

  • Ufficio cantonale dei Beni Culturali

Su tutte, la scoperta più eccezionale è la grande necropoli di Giubiasco. Un’affollata città dei morti conservatasi per millenni nel sottosuolo: sono oltre ottocento le tombe ritrovate, dall’età del Bronzo fino all’epoca romana. Un cimitero di dimensioni talmente ampie da essersi guadagnato il titolo di più importante necropoli svizzera.

Rifugi antiaerei e bunker

Durante la Seconda guerra mondiale non si costruisce solo il Ridotto Nazionale. Non basta proteggere le Alpi, bisogna resistereanche nelle zone di confine minacciate dai bombardamenti alleati. A Sciaffusa, per errore, sotto le bombe sono uccise 44 persone e ci sono centinaia di feriti. Anche in Ticino c’è paura e a Lugano si costruiscono tredici rifugi antiaereo. Uno di questi, la sede della centrale da cui venivano lanciati gli allarmi, è ancora conservato in via Zurigo: una capsula del tempo ferma al 1945 in centro a Lugano.

Un rifugio antiaereo in centro a Lugano

RSI New Articles 30.10.2023, 21:05

La smania di scavare è stata però portata al parossismo nella storia recente, durante la Guerra Fredda. Americani e sovietici erano pronti a premere i bottoni di lancio. Si decise allora che l’unico modo di sopravvivere allo scoppio di una bomba atomica era quello di rifugiarsi sottoterra. Ad ognuno il suo bunker. In Svizzera ne esistono più di 360 000, con un grado di copertura del 115% della popolazione, tra cui - ancora oggi esistente - uno tra i più grandi al mondo, costruito nel 1976 a Lucerna: sette piani per 20mila persone.

Ritrovamenti archeologici, trafori, fortificazioni, bunker. La storia della Svizzera non sarebbe la stessa senza le viscere della terra.

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