Di Enrico Marra
Lo scorso dicembre, Mauro Bassini ha presentato il libro “Non c’è più gusto”. Edoardo Raspelli, storico gastronomo del Corriere della Sera, citato nel testo, è andato giù pesante, definendo la cucina italiana “disorientata, succube dell’influenza straniera, inquieta, in cui nessuno sa dove andare”.
L’Italia ha il primato per presenza di ristoranti nelle principali metropoli del mondo, prima destinazione gastronomica globale, celebre per la cucina regionale, ma la tradizione autentica è sempre più rara, tenuta in vita da un pugno di ottimi cuochi che portano il testimone dei grandi maestri degli anni ’70, tra cui Gianfranco Vissani, Fulvio Pierangelini, Massimo Bottura, e da pochi ristoranti che si tramandano in famiglia.
Lontano dai fasti di un tempo, il settore è ormai “uno scintillante pacco di falsità”, descrive Bassini, fatto di chef star più impegnati in TV che ai fornelli, di brand blasonati che chiudono i battenti, guide e giornalisti di settore appannati.