Cultura e spettacoli

Siria, le opere della rivoluzione

Pittura, scultura, teatro, cinema. Un progetto online racchiude la memoria creativa negli anni della guerra. "La nostra causa non deve essere dimenticata"

  • 1 gennaio 2014, 08:30
  • 6 settembre 2023, 05:03
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La testa è china, gli occhi sono chiusi. Sembra quasi dormire "La bella addormentata di Arbin". Un velo bianco le circonda il viso, due rose le cingono la testa. Non dorme però la bambina. Il suo nome è Rama Cheick Hassan ed è stata uccisa la scorsa primavera ad Arbin.

Il dipinto è del siriano Souheir Sbay e fa parte dell’enorme flusso creativo sgorgato dall’esperienza della guerra. Raccogliere tutto questo materiale è l’obiettivo de “La memoria creativa della rivoluzione siriana”, un progetto online a cui lavora una decina di giovani siriani sparsi un po’ per tutta l’Europa e il Medio Oriente. Sul loro sito ogni giorno vengono pubblicati decine di disegni, graffiti, caricature, fotografie, video e sculture scovati per la rete - soprattutto nei meandri dei social network - e che raccontano le paure e le speranze del popolo siriano.

Ogni giorno ciascun siriano racconta a modo suo cosa sta succedendo

A guidare il progetto è Marie, una grafica siriana che all’inizio del conflitto scendeva per le strade per rivendicare libertà e democrazia. Poi è fuggita dalle violenze e ora vive a Beirut dove l’abbiamo raggiunta via Skype. “Ad esprimersi non sono solo gli artisti o gli intellettuali, ma è ciascun siriano, ogni giorno, magari nella maniera più semplice e più creativa. In passato, sotto il regime di Assad, non potevamo dire niente, c’era il silenzio. Con la rivoluzione però è giunto il momento di parlare. Oggi ciascun siriano vuole esprimersi e la quantità di materiale è vastissima”.

La violenza porta oblio

Il progetto è sostenuto finanziariamente da diverse associazioni, come l’Institut français, che ha sovvenzionato la versione francese, o la fondazione tedesca Friedrich Ebert. Per Marie si tratta di una vera e propria missione. “Se non siamo noi siriani a conservare la nostra memoria e la nostra storia, chi lo può fare?”, si chiede con voce grave. “È un dovere per noi raccogliere e conservare tutto ciò che è stato prodotto in Siria dall’inizio del conflitto ad oggi, tutto ciò che si è detto e si è reclamato. Dobbiamo mostrare al mondo intero, ma soprattutto a noi stessi, che cosa è stata la rivoluzione”. La violenza porta oblio, ci spiega Marie. La guerra civile elimina ogni riferimento, ogni giudizio di valore. E in mezzo all’orrore è difficile ricordare. “La violenza ci sta facendo dimenticare tutto, ma dobbiamo ricordare che la rivoluzione è cominciata con una legittima rivendicazione”.

Dallo humour alla frustrazione

Il sito archivia in media cinquecento opere al mese. E più il tempo passa, ci dice Marie, più i contenuti cambiano. “C’era molta speranza all’inizio, lo vedevamo in tutti i lavori che documentavamo. C’era dello humour. Oggi non c’è più ironia. La violenza si è inasprita e tutti hanno perso qualcosa, chi la casa, chi un parente, chi un amico. Oggi regna la frustrazione e la consapevolezza di aver perso il proprio paese. E questo sconforto lo vediamo nei lavori che cataloghiamo”.

Non ci abitueremo alla morte

Tra le opere raccolte c’è anche una foto trovata su Facebook che ritrae un graffito a Saraqeb, vicino ad Aleppo. Non ci abitueremo alla morte e continueremo ad amare la vita e a costruire una stagione d’amore tra due granate, dice la scritta sul muro. Un barlume di resistenza morale. Forse l'arte serve anche a questo. Ma le speranze si infrangono ogni giorno. L’immobilismo internazionale e l'impasse in cui dopo oltre mille giorni si trova il conflitto non fanno intravvedere alcuna via d’uscita.

“Non vogliamo che la nostra causa venga dimenticata”, ci dice Marie prima di chiudere Skype. “Anche se un giorno dovessimo perdere la nostra guerra”.

Jonas Marti

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