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Dalla passerella... all'immondizia

In discarica un TIR di abiti al secondo: nel 2050, l’industria-moda brucerà un quarto del bilancio globale di combustibili fossili - L'alternativa? Meno capi, ma di qualità

  • 8 novembre 2021, 22:01
  • 10 giugno 2023, 15:47

Moda, dalla passerella all'immondizia

Telegiornale 08.11.2021, 21:00

Di: TG/Laura Giovara

E’ uno dei più grandi problemi dell’industria tessile contemporanea. L’aumento dei volumi di produzione e di consumo della moda ha portato ad un drammatico aumento dei rifiuti tessili.

Il rapporto della Ellen MacArthur Foundation parla da solo. Ogni secondo un carico di tessuti equivalente ad un camion di rifiuti finisce in discarica o viene bruciato. Di questo passo entro il 2050 l’industria della moda consumerà un quarto del bilancio globale di combustibili fossili.

Appena l’1% delle milioni di tonnellate di tessile prodotte ogni anno viene riciclato. Un’inezia se si considera che all’anno si producono quasi 100 milioni di tonnellate di tessili.

Un’eccezione spicca a livello mondiale. Prato, alle porte di Firenze, è la capitale del riciclo. La città toscana è uno dei più grandi distretti industriali d’Europa, la produzione di abbigliamento è nelle mani dei cinesi, una delle comunità più grandi in Italia.

Ma non c’è solo questo. C’è anche una rete di fabbriche che giocano un ruolo cruciale nella produzione e nella vendita di tessuti riciclati. E’ una tradizione che arriva da molto lontano. Qui è nata la figura del cenciaiolo, le cui origini risalgono addirittura all’epoca in cui regnava la dinastia dei Medici e che si è specializzata nel secondo Dopoguerra. Queste persone andavano alla ricerca di stracci, i cosiddetti cenci, da cui si estraeva una nuova materia che gettava le basi per creare un nuovo tessuto. Un mestiere semplice che in tempi di economia circolare è diventata una nobile arte che permette di creare il nuovo dal vecchio e che ha reso Prato la capitale mondiale della trasformazione di materiali tessili post-consumo.

La Comistra si occupa del riciclo della lana dal 1920. E’ un’azienda famigliare gestita da Fabrizio Tesi che riconosce che i tempi sono cambiati. “ Fino a qualche anno fa il tessuto riciclato non era capito dai consumatori, veniva utilizzato nell’industria automobilistica o anche nell’edilizia. Gli stessi stilisti non lo volevano, invece ora lo cercano e chiedono un certificato di garanzia.”

Esistono però anche i rifiuti tessili pre-consumo. E adesso anche nei produttori si fa strada l’esigenza di recuperare gli scarti di produzione. Le aziende tessili del distretto di Como hanno lanciato a tal proposito un progetto pilota, si tratta di Hub Scarti Tessili che coinvolge il Gruppo Filiera Tessile di Confindustria e il Centro tessile Serico Sostenibile che mira a creare una piattaforma in cui registrare gli scarti tessili riutilizzabili in un’ottica di economia circolare. Cosi facendo tutte le industrie del distretto diventano fornitrici di dati e utilizzatrici di materiali recuperabili per operazioni di riciclo.

E noi consumatori cosa possiamo fare? Di certo acquistare vestiti usati è una buona pratica. Di sicuro non è più pensabile - né sostenibile - usare un capo per una sola stagione perché non è più di moda o non ci piace più. Si torna all’antico, a come si acquistava prima dell’avvento della fast fashion, il motto è: meno ma di qualità. Che è sempre il primo modo per essere sostenbili.

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