Milano e la Lombardia, da domenica 24 gennaio, sono tornate in zona arancione: restano chiusi per la consumazione sul posto bar e ristoranti (è consentito l'asporto fino alle 22), chiusi anche cinema, teatri, piscine e palestre, ma riaprono i negozi al dettaglio ed è permessa una visita al giorno a casa di parenti o amici, se residenti nello stesso Comune. Così Milano prova a ripartire, lentamente, ma la stanchezza in città è palpabile e non si può dire che si respiri entusiasmo.
Il passaggio dalla zona rossa all'arancione è stato accompagnato da forti polemiche fra Regione Lombardia e Governo, che si sono rimpallati la responsabilità per i dati sbagliati sui contagi che sono costati alla Lombardia una settimana di zona rossa di troppo.
Lo scontro ha riguardato la correttezza dei dati necessari a determinare l'indice Rt (che indica quante persone possono essere contagiate da una sola persona in media e in un certo periodo di tempo) e che ogni regione invia periodicamente all'Istituto superiore di Sanità (ISS). Secondo l'ISS la Lombardia ha segnalato un alto numero di casi incongruenti, nei quali era segnata la data inizio sintomi ma con compilazione errata o mancante dello stato clinico: da qui il calcolo sovrastimato degli infetti che ha portato Roma a determinare la zona rossa. La Lombardia si è difesa dicendo che i dati richiesti dall'ISS nello stato clinico erano facoltativi.
Per i ticinesi intenzionati a varcare il confine, anche con la zona arancione le restrizioni restano: è possibile andare in Italia solo per comprovati motivi di salute, lavoro o studio.
Marco Todarello