Nel 2050 si stima che il Pianeta dovrà fare i conti con circa 9,5 miliardi di persone. Numeri impressionanti, che sollecitano l’agricoltura ben oltre la sua odierna capacità di sfamare le popolazioni. Oltretutto i cambiamenti climatici in corso - e soprattutto quelli stimati entro la fine del secolo – rendono il compito dei coltivatori ancora più arduo. Non è un caso che il claim dell’Esposizione universale di Milano del 2015 fosse “Nutrire il Pianeta, Energia per la vita”. Sempre più politici, scienziati e agricoltori si rendono conto che senza un “cambio di paradigma” nell’affrontare il tema dell’approvvigionamento alimentare, si rischia di tornare ai tempi bui, in cui le carestie decimavano intere popolazioni.
Non è dunque nemmeno casuale, da un po’ di tempo a questa parte, imbattersi in espressioni come “robotizzazione” e “digitalizzazione” dell’agricoltura. Termini che apparentemente nulla hanno a che vedere con l’immagine tutto sommato ancora “naturale” delle coltivazioni. È vero: le grandi piantagioni – in particolare nel
Midwest americano – da parecchi decenni usano mietitrebbiatrici o sistemi di irrigazione degni di un film di fantascienza. Tuttavia, per quanto elaborati e sofisticati, questi sistemi appartengono ormai al passato.
In un futuro molto prossimo le tecnologie digitali permetteranno agli agricoltori di affrontare il campo con strategie di una precisione sconcertante. Attraverso apparecchi come gli spettrometri, i laser
scanner, le camere termiche, i geolocalizzatori e decine di altri sensori, i coltivatori potranno accedere a informazioni puntuali sullo stato delle loro piante. Oltretutto nell’era dei “
big data” e della condivisione via
web, queste informazioni potranno essere scambiate e incrociate tra centinaia di migliaia di altri utenti per l’elaborazione di nuove soluzioni sulla base di moltissime esperienze diverse.
Droni, macchine automatizzate e altri apparecchi robotici si occuperanno di svolgere gran parte delle operazioni in maniera mirata e precisa, sotto il costante controllo di un computer o/e di una rete informatica. Il coltivatore potrà sapere in tempo reale dove realmente è necessaria l’erogazione di acqua, di concimi, o di prodotti fitosanitari, affinché non vi siano sprechi o dosaggi inadeguati. L’idea è quella di razionalizzare al massimo le risorse disponibili e nel contempo sviluppare un sistema di selezione delle piante in grado di adattarsi a stagioni sempre più imprevedibili e avverse. La speranza è quella di ottimizzare i processi produttivi e fare in modo di innalzare la resa e la qualità dei prodotti.
Uno dei settori più sensibili è quello legato alla coltivazione dei cereali: una materia prima di assoluta necessità. La Stazione di ricerca dell’Istituto di Scienze dell’Agricoltura del Politecnico di Zurigo – a Lindau-Eschikon – ha sviluppato un suo sistema di monitoraggio e di analisi su vari tipi di coltivazioni: dalla soia alle colture foraggere senza dimenticare, ben inteso, le principali varietà di frumento. Gli scienziati zurighesi, in particolare, sono interessati alla “fenotipizzazione”, ossia l’osservazione puntuale della crescita e del comportamento effettivi della pianta, a partire dai dati disponibili sul suo DNA. In altre parole, se il corredo genetico di una pianta prevede che essa si sviluppi in un determinato modo, bisogna verificare che si produca esattamente quanto ci si aspetta. Spesso il fenotipo – cioè l’aspetto della pianta - corrisponde fedelmente all’espressione dei geni, ma altrettanto frequentemente avviene invece che la pianta si esprima in modalità inaspettate. Mentre oggi si sequenziano interi genomi in pochi minuti, e si possono creare nuovi genotipi in tempi brevissimi, l’analisi del fenotipo è un processo tradizionalmente lento e faticoso, poiché è necessaria un’osservazione costante dell’interazione tra pianta, suolo e clima nell’effettiva pratica agricola quotidiana.
Grazie a importanti innovazioni tecnologiche e allo sviluppo di una sensoristica di altissima qualità, oggi è possibile un monitoraggio estremamente dettagliato. Questi studi permetteranno una selezione genetica ancora più mirata (senza ricorrere agli OGM) e in grado addirittura di valorizzare la biodiversità esistente. Parallelamente crescerà la nostra capacità di scegliere e mettere sul mercato in tempi brevi piante che si adattano all’ambiente o che resistono a patogeni e/o insetti dannosi. Si potrà incrementare la produttività della nostra agricoltura e, allo stesso tempo, rimanere sostenibili? Secondo gli scienziati si può, a patto di abbracciare con fiducia la nuova “agricoltura digitale”.
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