La ratifica da parte italiana dell’accordo fiscale sui frontalieri teoricamente sarebbe ancora possibile entro la fine di quest’anno; tuttavia, il Consiglio federale ritiene che possa avvenire nel 2023: ad ogni modo, la disdetta unilaterale da parte elvetica della convenzione del 1974 per premere su Roma non viene presa in considerazione.
È quanto ha risposto il Governo ha una mozione del leghista Lorenzo Quadri, con la quale ancora una volta ha chiesto una disdetta unilaterale a causa delle "lungaggini" italiane.
"Il Ticino fa le spese della politica in Italia""
Per il consigliere nazionale, è innegabile che la Svizzera, nella procedura relativa all'adeguamento della fiscalità, sia già stata estremamente accondiscendente con l'Italia. Tuttavia, dopo vari anni di infruttuosa attesa, la data di entrata in vigore del nuovo accordo, ossia il primo gennaio del 2023, va ritenuta vincolante secondo Quadri. Non è accettabile che sia ancora una volta la Svizzera, e segnatamente il Canton Ticino, a fare le spese di contingenze politiche italiane - in particolare le nuove elezioni che hanno fatto slittare la data della ratifica, ndr.- nel caso concreto le recenti elezioni. Il numero di frontalieri è oramai esploso, sostiene Quadri, riferendosi alle recenti statistiche che a inizio mese stimavano in quasi 78'000 i lavoratori pendolari italiani attivi in Ticino.
Per questo, secondo il consigliere nazionale, la Svizzera deve disdire unilateralmente la Convenzione del 1974 sulle doppie imposizioni (CDI-I), di cui la fiscalità dei frontalieri è parte integrante, per il 31 dicembre 2022. Per tutto il tempo in cui l'Italia non avrà ratificato un nuovo trattato, non sarà in vigore alcun accordo e di conseguenza non saranno dovuti ristorni, secondo Quadri.
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Accordo da non mettere a repentaglio
Di parere opposto il Consiglio federale, che seppur consapevole del possibile slittamento dei tempi di ratifica, non vuole mettere a repentaglio il nuovo accordo, negoziato in stretta collaborazione con Ticino, Grigioni e Vallese. Tra l'altro, una disposizione prevede che la denuncia sia fatta con un preavviso minimo di sei mesi, prima della fine di ciascun anno solare. Una denuncia per la fine dell'anno in corso non sarebbe quindi formalmente più possibile.
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