Due fucili e una pistola. Parte dell’arsenale sequestrato a Barbengo dagli inquirenti ticinesi ha rischiato di cadere nelle mani della ‘ndrangheta; di alimentare cioè il traffico internazionale su cui sta indagando, da qualche mese, il Ministero pubblico della Confederazione.
Da un lato il proprietario delle armi, il cittadino kosovaro arrestato il 18 luglio per la tentata estorsione al cliente di un postribolo del Luganese. Dall’altro una delle cinque persone finite in manette pochi giorni più tardi, il 30 luglio, dopo aver rapinato un distributore di Stabio. Secondo la Procura federale il cittadino italiano avrebbe legami con una frangia della ‘ndrangheta attiva nel Comasco. Da qui le accuse ipotizzate, che vanno dall’organizzazione criminale all’infrazione alla legge federale sulle armi e sul materiale bellico.
Ed è proprio per definire l’acquisto di armi che l’uomo entrò in contatto, a titolo d’intermediario per conto della cosca, con il kosovaro domiciliato a Barbengo. Lo hanno confermato entrambi, durante il confronto tenutosi giovedì in carcere. Solo il loro arresto ha fatto saltare la trattativa.
Francesco Lepori
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