Quando intervistiamo Pablo Creti, l’autore del documentario sul rap ticinese “Sulla mappa”, le principali sensazioni che ci giungono sono sorpresa, stupore e meraviglia. Perché sono proprio gli incontri e le circostanze inaspettate i fatti che più contraddistinguono il dietro le quinte della pellicola.
“Io non vengo da quel genere, non l’ho mai ascoltato”, ammette Creti, “tutti i rapper intervistati li incontravo lì per la prima volta”, in un enorme gioco di rimandi, passaparola e contatti. È stato come comporre un puzzle: “Si andava a prendere questo che faceva quello, che faceva poi quell’altro, che era insieme anche a quello”. Così, intervista dopo intervista, da un rapper a un altro, si riavvolgeva il filo dell’intricata matassa del rap ticinese. “È stato divertente mettere insieme questo puzzle di persone, che sono partite da tre, quattro e sono diventate trenta”.
Serotonina del 26.09.24 Rete Tre: L’intervista a Pablo Creti, nel corso della trasmissione
Rete Tre 26.09.2024, 09:15
Il documentario ci restituisce la trama di una scena unita, accumunata da una passione forte e duratura. “L’unità esce fuori molto, anche se magari non è stata un filo costante per loro, venendo da regioni diverse e appartenendo a generazioni diverse”, spiega l’autore. “Credo che la voglia di fare il rap e di portarlo avanti abbia in qualche modo sviluppato una grande famiglia rap, che va dai «papà» ai «nipoti»”.
Una grande famiglia che ha vissuto e tutt’oggi vive grazie alle storie di tutti i suoi innumerevoli parenti. E di storie, Creti, ne ha raccolte tante. “Avevamo tantissimo materiale: tra archivi, videoclip, materiali extra, coperture e interviste abbiamo dovuto prendere e maneggiare circa 70, 75 ore di materiale”. Praticamente tre giorni di girato.
Il vantaggio del digitale
“Da quelle 75 ore, abbiamo fatto un’ora”. Ma non disperate, rassicura Pablo Creti, “abbiamo tanti contenuti extra”. E qui arriva il vantaggio del digitale, sfruttato al massimo grazie a questa prima produzione RSI digital first. “Sulla mappa” è pensato per essere fruito in rete e da questo trae la sua forza maggiore. “Dall’inizio abbiamo capito che era necessario riuscire ad avere questo tipo di accompagnamento: il materiale era tanto ed era un peccato non usarlo”.
Così, gli altri contenuti – alcuni più brevi, altri più lunghi - hanno già trovato visibilità accanto al documentario principale, incasellando tutti i tasselli del mosaico del rap ticinese. Per vederli occorre cliccare qui.
Il rap, per chi viene da fuori
“La cosa – che io ho trovato molto bella e che ho scoperto grazie a questo lavoro – è che la scena ticinese è sempre stata molto ferrea, sia nel modo di fare rap, sia nel modo in cui ha affrontato la cultura hip hop”. Una scena distante dalle tendenze e dalle mode, autentica, dove non si è mai dato molto spazio per “una narrazione falsa”.
La realtà descritta dagli artisti ticinesi è “forse meno stereotipata e meno edulcorata di quello che sembra”, spiega l’autore. “Il Ticino e la Svizzera hanno problematiche con un impatto sui giovani che non è sempre positivo. Anzi, da quello che emerge spesso e volentieri le realtà così piccole e claustrofobiche in un qualche modo rischiano un po’ di opprimere chi cerca di fare arte, chi è giovane, chi vuole fare quella cosa lì”.
Il rap è stata la loro rivalsa. “La ribellione attraverso l’arte che hanno avuto questi ragazzi, da chi oggi ha 50 anni a chi ne ha ancora 21, la trovo molto bella: hanno cercato di far capire qualcosa di questo territorio” al mondo. Ne hanno mostrato le oscurità e le illusioni, ma, soprattutto, ci hanno mostrato un modo per combatterle.
Sulla mappa - 30 anni di RAP in Ticino
RSI Info 20.09.2024, 00:10