Il Ticino si sta muovendo più attivamente che altri cantoni nell'ambito delle truffe per le indennità di lavoro ridotto, ricevute durante la crisi del Coronavirus. È quanto emerso durante la teleconferenza di commento dei dati della disoccupazione pubblicati lunedi mattina dalla Segreteria di Stato dell'economia (SECO).
Se il lavoro ridotto ha contribuito in modo significativo alla stabilizzazione dell'economia elvetica durante la pandemia, non tutte le aziende che hanno ricevuto compensazioni ne avevano veramente diritto, ha spiegato Boris Zürcher, direttore della divisione del lavoro presso la SECO. Insieme alla società di consulenza E&Y e PwC la SECO si è data molto da fare per scoprire gli abusi e lo sforzo ha dato i suoi frutti, ha aggiunto l'alto funzionario.
Finora sono state indagate 441 aziende e le autorità hanno sporto denuncia in 39 casi. Alla fine di giugno la SECO ha richiesto il rimborso di quasi 40 milioni di franchi versati a imprese: di questi sono stati recuperati 12 milioni. I costi dei controlli e dell'attività di revisione ammontano a 4,8 milioni di franchi.
Abusi nelle mani dei cantoni
Gli abusi vengono anche perseguiti, ma questo non è compito della SECO, bensì delle autorità giudiziarie competenti, ha sottolineato Zürcher. A questo proposito vengono osservate differenze in parte anche notevoli. "Nel canton Ticino, ad esempio, vengono perseguite anche le violazioni più contenute che riguardano importi inferiori a 5000 franchi, mentre altrove non si interviene in casi di importi molto più elevati", ha detto.
Dopo lo scoppio della pandemia all'inizio di marzo 2020 lo strumento dell'indennità per lavoro ridotto è stato utilizzato su larga scala in Svizzera: nell'aprile di quell'anno la disoccupazione parziale interessava 1,9 milioni di dipendenti in Svizzera, vale a dire il 37% del totale. Nel frattempo il lavoro ridotto si è quasi azzerato: in maggio - ultimi dati disponibili - ha interessato meno di 5600 persone.