L’amnistia fiscale cantonale, approvata dal Gran Consiglio con 51 voti favorevoli e 15 contrari, prevede che chi ha evaso il fisco possa autodenunciarsi nel 2014 e 2015, evitando sanzioni e pagando il dovuto dell’ultimo decennio, con uno sconto del 70% sulla normale aliquota. Questa misura, prevista dall’introduzione nella legge tributaria degli articoli 309e e 314e, è stata legata alla creazione di un fondo per l’occupazione a cui andrebbero i primi 20 milioni raccolti grazie all’amnistia. Il PS ha lanciato con successo un referendum contro la proposta di condono, sulla quale è stato anche inoltrato un ricorso al Tribunale federale.
Più risorse in un periodo difficile
Il condono, di cui viene sottolineato il carattere eccezionale, garantirebbe un aumento immediato del gettito fiscale a livello cantonale e comunale, anche se è difficile prevedere l’importanza delle entrate. I patrimoni regolarizzati, secondo i sostenitori del provvedimento, assicureranno maggiori introiti anche negli anni successivi, quando dovranno essere dichiarati. Un altro effetto positivo atteso è il rientro di capitali nelle banche svizzere e ticinesi, sostenendole nell’attuale momento di difficoltà.
Un regalo ai disonesti
Al di là dei dubbi sulla compatibilità con il diritto federale, sui quali dovranno pronunciarsi i giudici di Losanna, il rifiuto dei contrari si basa su una questione di principio: chi ha evaso il fisco, anche per anni, pagherà il 30% rispetto a chi è stato onesto. Nonostante lo sconto, inoltre, chi si autodenuncia dovrebbe pagare interamente l’imposta federale diretta, più interessi, oltre a dover rimborsare eventuali sussidi cantonali di cui ha beneficiato. Questi aspetti avrebbero un effetto deterrente sull’adesione all’amnistia, diminuendo le potenziali entrate fiscali. Infine gli oppositori mettono in dubbio la portata delle ricadute positive previste per l’economia ticinese.
Red. MM/sf