Il destino della giovane India e della sua famiglia resta appeso a un filo. Originari della fascia di confine tra l'Eritrea e l'Etiopia, sono giunti in Ticino dieci anni fa e da allora attendono che la loro richiesta d'asilo venga accolta.
La questione ha mobilitato non poche persone. Innanzitutto, una ex docente della ragazza, poi il vescovo di Lugano Valerio Lazzari e un gruppo di gran consiglieri capeggiato da Anna Biscossa (PS), i quali hanno depositato un'interrogazione e richiesto che venga applicato il "caso di rigore".
L'Eritrea e L'Etiopia non li riconoscono come loro cittadini, la famiglia è quindi apolide e senza documenti. Tuttavia, per la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) "sono da considerarsi etiopi e vanno rimpatriati, perché́ l’Etiopia è valutato essere un paese sicuro", si legge nell'interrogazione. Nel Paese è in corso però una guerra nella regione del Tigrai, ma la SEM e il Tribunale amministrativo federale non lo considerano un conflitto esteso.
Le parole di India
In un'intervista rilasciata a Modem, India dice di provare paura poiché in gioco c'è il suo futuro. "È molto preoccupante e fa anche un po' arrabbiare. In questi anni ho cambiato anche molti posti e ho conosciuto molte persone. Nonostante tutti i cambiamenti, ogni volta ho cercato di legarmi, di vedere chi c'è intorno e di conoscere la gente. È brutto che dobbiamo lasciare tutte le persone che ci sono attorno, che hanno lottato per noi e ci hanno dato voce quando non noi non ci riuscivamo."
Una vicinanza umana, quella che ha trovato la giovane, che le sta dando forza e l'ha aiutata a sentirsi a casa. "È qui che sono cresciuta e ho imparato a vivere, ma tutti i cambiamenti e limiti che mi hanno dato non mi hanno dato tanta possibilità di sentire veramente che sia casa mia. Per le restrizioni di dove potevo spostarmi, cose che potevo fare e che non potevo, tutto mi rinfacciava sempre che non ero la benvenuta qui, nonostante tutti quelli che avevo attorno mi dicevano "guarda che tu sei qui e sei una di noi". Tutte queste cose limitavano la visuale, ma grazie a tutti quelli che hanno cercato di farmi vedere il lato bello di questo mondo, mi sento a casa".
La sua è una storia che tocca diverse famiglie. "Quando abitavo al centro Olivo di Cadro, avevo molti amici che erano nella stessa situazione e tuttora lo sono, fanno fatica a continuare a studiare, come mio fratello che non può studiare né lavorare ed è brutto questo spreco di giovani, che in realtà vorrebbero dare di più ma non ne hanno la possibilità". Il fratello Nur ha infatti concluso il suo apprendistato, ma non avendo ottenuto un permesso F, non ha potuto cercare lavoro. India invece, è in procinto di concludere gli studi.
MODEM del 12.01.22: intervista a India
RSI Info 13.01.2022, 10:33
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Il commento di Norman Gobbi
La decisione sulle sorti di India e la sua famiglia, che compete alla Sezione della popolazione, non potrà contemplare il lungo tempo trascorso su suolo ticinese poiché, secondo il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi, è dipeso da tutti i ricorsi alle decisioni delle autorità che man mano sono stati respinti: "Quando si devono riconoscere dei casi di rigore, vengono valutati secondo dei parametri, mentre i casi come quelli di India vengono valutati sulla legge federale d'asilo, proprio perché loro non hanno alcun diritto di restare qua in base alla valutazione di più istanze. In prima istanza da parte della Segreteria di stato dell'immigrazione a livello federale e l'ultima del Tribunale federale. Un periodo lungo che non è quello di una semplice decisione, ma anche di susseguenti ricorsi interposti contro la decisione negativa".
L'aspetto umano ad ogni modo c'è, "i funzionari non sono fredde macchine" spiega Gobbi, il quale ci lascia in attesa di una prima comunicazione che avverrà nel corso della prossima settimana con le prese di posizione sugli atti parlamentari.