Svizzera

Peste suina africana, si lavora a un vaccino svizzero

La ricerca, fra rigide misure di sicurezza, è in corso all’Istituto di virologia e di immunologia, ma la strada per ottenere un preparato è lunga

  • 8 luglio 2022, 19:42
  • 20 novembre, 15:33
03:49

Berna: laboratorio ad hoc per la peste suina

Il Quotidiano 08.07.2022, 21:00

  • RSI
Di: Quotidiano/SRF/ludoC 

La peste suina africana preoccupa le autorità svizzere e, soprattutto, la filiera della carne di maiale. La malattia di origine virale e altamente contagiosa ha fatto la sua comparsa in Eurasia nel 2007 e nel 2018 sono stati accertati casi in Europa centrale. Le antenne dell'Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV) sono accese da tempo. Dopo i casi censiti in Piemonte e Liguria negli scorsi mesi, la situazione si è fatta più seria. Tanto che giovedì le autorità ticinesi hanno presentato il manuale operativo per far fronte a una malattia che colpisce cinghiali e suini domestici, quando si manifesterà sul territorio cantonale.

Il problema è che per ora non esistono né una cura né un vaccino. Presto, tuttavia, le cose potrebbero cambiare: i ricercatori elvetici stanno infatti lavorando alla creazione di un preparato per immunizzare i maiali contro la malattia altamente letale e che se si diffondesse comporterebbe enormi costi per gli allevatori (in caso di focolai l’azienda agricola interessata viene posta sotto sequestro e gli animali abbattuti). A condurre la ricerca è l’Istituto di virologia e di immunologia (IVI) una stazione di massima sicurezza che obbliga dipendenti e visitatori a rispettare un rigido protocollo per potervi accedere. Qui, si studiano i campioni provenienti da tutta la Svizzera, raccolti da cinghiali con comportamenti alterati, ammalati, uccisi o morti a causa di un incidente.

La ricerca in merito alla peste suina, spiega il professor Artur Summerfield, è altamente complessa: “È un virus molto 'grande'. Ha un genoma dieci volte più grande rispetto al coronavirus e non se ne sa ancora molto. Lo si conosce da molto tempo, ma c’è stata poca ricerca, perché non era mai stato un problema in Europa e in Occidente, essendo stato presente per molto tempo solo in Africa”.

All’istituto federale, oltre alla peste suina si studiano altri agenti patogeni altamente infettivi, come il coronavirus o l’influenza viaria. Affinare la ricerca e concentrarsi sui nuovi virus diventerà sempre più importante, afferma Barbara Wieland, direttrice dell’IVI: “Perché ci sono sempre nuove malattie che si manifestano, nuovi rischi. Hanno un nesso con il cambiamento climatico e la globalizzazione, che sono dei vettori responsabili della nascita di nuove malattie. Qui noi lo constatiamo”.

Si lavora con vaccini "vivi"

La peste suina africana non è pericolosa per l’essere umano, solo per i suini domestici e per i cinghiali. È tuttavia altamente infettiva e il virus è in grado di sopravvivere a lungo. L’uomo, inoltre, può fungere da veicolo di contagio: trasportandolo con le suole delle scarpe, per esempio, o disperdendo nell’ambiente rifiuti come, per esempio, resti di salame prodotto da animali infetti. Residui alimentari che poi potrebbero essere ingeriti dai cinghiali che si infetterebbero a loro volta.

Un vaccino per ora non esiste, ma dal laboratorio svizzero di riferimento per la diagnosi, la sorveglianza e il controllo delle epizoozie altamente contagiose spiegano che gli approcci più promettenti arrivano dai cosiddetti “vaccini vivi”, somministrando agli animali virus indeboliti ma attivi.

I vaccini cosiddetti “vivi” contro la peste suina africana – spiega il professor Summerfield – “sono stati sviluppati in modo sperimentale ma non sono ancora stati testati sufficientemente a livello di sicurezza. Bisogna tener conto che il virus è altamente pericoloso per cinghiali e maiali: la maggior parte dei capi che contraggono il virus muore e per questo la sicurezza è fondamentale, quando si creano vaccini 'vivi'. Per questo motivo bisognerà aspettare ancora anni prima di poter utilizzare un preparato sicuro”.

In attesa della scoperta del vaccino non resta che combattere la malattia con altri modi. Il piano operativo varato in Ticino prevede due fasi. Una di preparazione tramite la gestione del numero di cinghiali, anche con abbattimenti mirati, e obbligando chiunque si imbatta in una carcassa a segnalarla all’Ufficio del veterinario cantonale. L'altra di lotta vera e propria. Inizierà quando la malattia si manifesterà. È infatti "illusorio" pensare che anche il Ticino, prima o poi, non sarà confrontato con il fenomeno, ha affermato il consigliere di Stato e direttore del Dipartimento del territorio, Claudio Zali.

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La strategia ticinese contro la peste suina

Il Quotidiano 07.07.2022, 21:00

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