Birdland
Da lunedì 04 a venerdì 15 luglio 2016 alle 23:00
Il fenomeno dei festival di musica jazz nasce negli anni ’50 in contemporanea con la fuoriuscita del genere dalle sale da ballo e con la divulgazione a largo spettro di una musica ormai vissuta non più unicamente come veicolo di divertimento ma come vero e proprio fenomeno culturale.
Siamo nel Dopoguerra e il prototipo di una rassegna che presenti riuniti in uno spazio-tempo limitato alcuni dei grandi protagonisti della scena del jazz d’allora è l’iniziativa del produttore Norman Granz nota con l’appellativo di Jazz at the Philharmonics, una sorta di carrozzone ambulante rappresentativo della musica afroamericana in auge. Dal 1944 negli Stati Uniti e poi dal 1952 anche in Europa, Jazz at the Philharmonics è una delle importanti vetrine di una musica che, nata negli anni ’20 essenzialmente come forma d’intrattenimento, ha ormai una storia e un ben preciso percorso evolutivo alle spalle.
Se negli Stati Uniti il primo grande festival jazz si tiene a Newport sin dal 1954 mentre un secondo viene organizzato a Monterey - sulla costa occidentale - a partire dal 1958, l’Europa non sta certo a guardare. Addirittura nel 1948 in Francia, terra dove poco prima il jazz era letteralmente “sbarcato” insieme alle truppe americane, vengono organizzati in ordine di tempo i primi due festival jazz al mondo: in febbraio a Nizza, in maggio a Parigi. Nel 1950 alla Salle Pleyel di Parigi verrà proposto il primo Salon International du Jazz al quale assistono più di 20.000 persone venute da tutta Europa. In Italia è Sanremo, a partire dal 1955, a fare da apripista al fenomeno, dal 1956 a Comblain-la-Tour in Belgio si esibiscono ogni anno i più grandi nomi del jazz d’oltreoceano, dal 1961 lo stesso avviene a Molde in Norvegia.
E in Svizzera che succede? Se a Zurigo fin dal 1951 vien proposta una rassegna che testimonia soprattutto della vitalità della scena amatoriale locale e che solo con gli anni ’70 si trasformerà in evento di portata internazionale, è a Lugano nel 1962 che, grazie al locale Jazz Club, nasce un’importante rassegna, senza tendenze o sottogeneri esclusi (vi parteciperanno anche Ornette Coleman e Paul Bley) che durerà fino alla fine del decennio.
Nel 1967 debutta sul Lago Lemano, in particolare nella cittadina di Montreux, un nuovo festival destinato a far storia e ad imporsi come uno dei più conosciuti eventi del genere al mondo. È l’anno-simbolo del decennio e punto di svolta della cultura giovanile: in California è l’estate del flower-power, i Beatles firmano il Sgt. Pepper, i Pink Floyd debuttano su 33 giri, se ne va John Coltrane. E a Monterey, in quegli stessi luoghi dove da ormai 10 anni si è sviluppato il seme del festival jazz, ha luogo il più grande raduno musicale di tutti i tempi: 200.000 persone che tra l’altro ascoltano Hendrix e lo vedono mandare in cenere la sua Stratocaster.
Debutta il Montreux Jazz Festival quindi ma, come si dice in queste occasioni, i tempi sono ormai cambiati e, benché le prime due edizioni siano interamente dedicate al jazz, già dal 1969 - con l’esibizione dei Ten Years After e dei Colosseum – la rassegna si profila come vetrina a tutto tondo della straordinaria scena musicale del momento: il jazz certo, ma anche il cugino rock e la sintesi dei due, il jazz-rock; e ancora blues, soul & black music, passando per la musica d’autore e più in là quella latina e caraibica.
È un certo Claude Nobs che si lancia nell’impresa. Ha già lavorato all’organizzazione di animazioni musicali per conto del locale ufficio turistico, in particolare legate al festival televisivo che vi si tiene, la “Rose d’Or”. Lavora talmente bene che nel ‘64 riesce a portarvi i Rolling Stones, nel loro primo concerto fuori dalla Gran Bretagna. Lavora talmente bene che nasce l’idea di creare un evento nuovo, del tutto separato dalla rassegna televisiva.
La prima edizione si tiene nel giugno del 1967, dura tre giorni, tra le têtes d’affiche c’è Charles Lloyd, il sassofonista appena eletto star emergente dalla rivista Downbeat che si presenta con due giovani molto promettenti, Keith Jarrett al piano e Jack DeJohnette alla batteria. Già dal secondo anno la manifestazione si estende a cinque giorni, arrivano tra gli altri Nina Simone e Bill Evans con il suo trio. Ella Fitzgerald vi debutta nel 1969 e in quello stesso anno Les McCann e Eddie Harris vi presentano il progetto Swiss Movements: il festival registra già tutti i concerti e in particolare questa incisione diventerà un bestseller assoluto, il primo disco di jazz a vendere più di un milione di copie.
Anche grazie alle pubblicazioni dei live, la rassegna si fa velocemente un nome. Santana si esibisce nel 1970, Aretha Franklin l’anno successivo, nel 1973 per la prima volta è Miles Davis a suonarvi. Quella del 1977 è l’edizione più lunga, quasi tre settimane, e vi sbarca la musica brasiliana e la disco. I vari Herbie Hancock, B.B. King, Chick Corea a Montreux sono ormai di casa.
Con l’inizio degli anni ’90 il festival cambia sede. Addio al mitico Casino, quello ricostruito dopo il ben noto incendio del dicembre 1971 durante un’esibizione di Frank Zappa, e approdo al Centro dei Congressi, con l’Auditorium Stravinski e il New Q’s quali sale principali. Quincy Jones spalleggia Nobs in questo cambiamento e coproduce tre edizioni fino al 1993. Miles Davis vi si esibisce per l’ultima volta nel luglio del 1991. Il festival si apre ai nuovi generi: l’electro, l’acid jazz, il rap, l’hip-hop.
Il resto è storia recente. Nel 2013, con la scomparsa di Nobs, il festival resta improvvisamente orfano del suo fondatore, ma la macchina organizzativa è talmente rodata che la transizione è dolcissima.
Paolo Keller