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Colpo di poesia

Assenza. Frammenti di un discorso amoroso (1./17)

Ovvero l’Enciclopedia partecipata dell’amore di Roland Barthes

  • 25.11.2019
  • 5 min
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Da lunedì 25 novembre a martedì 17 dicembre 2019

Drammaturgia e adattamento Rita Cirio
Con Pino Micol
Regia Marco Parodi

"Forse bisogna pensare a Roland Barthes come lui stesso si pensava: un rapinoso analista del sentire, dell’apparire quotidiano. Perciò, forse, i "Frammenti di un discorso amoroso" sono il suo libro per eccellenza, quello in cui le tensioni più diffuse, più comuni dell’amore si pensano e ripensano con struggente, prodigiosa, interminabile eloquenza. La parola avvicina le povere e grandi emozioni dell’amore alla luce accecante di una ragione lucidissima. Sicché "l’amore apre gli occhi” per fulminarli. E rende subito soffocante il sentimento della mancanza. Del resto "così la vita: cadere sette volte e rialzarsi otto".

Rialzarsi sempre e di nuovo per attingere sempre e di nuovo il sentimento dell’”assenza” che, vissuta dolorosamente da chi ama, testimonia che egli ama veramente. Proprio così: tutta l’esistenza e la scrittura di Barthes, come dice Umberto Eco, è una “richiesta di vicinanza”. Quella vicinanza che, quando si dilegua, vive del suo cercarsi instancabile, del suo instancabile perdersi. “Barthes ha offerto lo spettacolo di un’intelligenza e di una sensibilità in esercizio”, scrive ancora Umberto Eco. E di questa segreta ma evidentissima vocazione spettacolare si fa elegante interprete Rita.

Cirio, che ha il coraggio e la virtù drammaturgica di mettere in scena quella dolce e irrinunciabile ossessione per cui l’uomo “da quando esiste, non smette di parlare”. E ne deriva un testo tenero e inesorabile, severo e leggero che non teme quella assenza di azione che di solito non giova al teatro. Ma qui l’assenza di azione è precisamente l’azione stessa, che non è né “scarna” né “oratoriale”. Essa è il dinamismo incessante del “frammento d’amore”. Sarebbe troppo lungo dire perché vengono in mente Beckett e il suo Godot. Ma tutto il languido prodigio è qui, nella parola che fa dire: “Io sono colui che aspetta”.

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