Il 13 novembre 1973, cinquantuno anni giusto domani, moriva cinquantatreenne Bruno Maderna. Fu una perdita grave per la musica italiana e non solo. Non solo per quella musica che a turno viene chiamata contemporanea, d’avanguardia, sperimentale, bensì musica in generale, di tutte le epoche e di tutti i generi. Perché Maderna non fu solo compositore, ma da Gabrieli a Monteverdi da Mahler a Kurt Weill, da Stockhausen a Domenico Modugno, passando per Verdi o Scarlatti, Maderna fu anche un grande direttore d’orchestra, revisore e arrangiatore. È questa la figura, che è persino banale definire poliedrica, e che si delinea pagina dopo pagina in un volume uscito l’anno scorso, cinquantesimo della scomparsa, curato da Valerio Tura per l’editrice Lim, e intitolato Mon vieux...! Bruno Maderna un ritratto a più voci.
Una collezione di 71 interviste quasi tutte raccolte dallo stesso Tura nell’arco di oltre dieci anni, per raccontare questo protagonista affascinante e difficilmente inquadrabile della vita musicale italiana del secondo dopoguerra. Al di là del panegirico di prammatica, inevitabile nel genere di monografie come questa che in inglese si intitolerebbe “Bruno Maderna Remembered”, numerose testimonianze convergono su alcuni aspetti che fanno molto riflettere, sia sull’uomo, col suo istinto musicale e umanità strabordanti, ma anche su alcuni aspetti del compositore quantomeno “anomali”, diciamo, per quegli anni.
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