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Ibsen e Strindberg

I “rivoltosi scandinavi” negli abissi dell’anima. Incontro con Franco Perrelli, di Mattia Mantovani

  • 28.03.2017, 11:00
August Strindberg

August Strindberg

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Martedì 28 marzo 2017 alle 09:00
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Henrik Ibsen e August Strindberg sono stati i due maggiori drammaturghi della letteratura della Scandinavia e due dei più acuti interpreti della crisi della società moderna: l’intero teatro del Novecento, dalle avanguardie in poi, sarebbe semplicemente impensabile a prescindere dai loro contributi e dalle suggestioni, dagli stimoli contenuti nelle loro opere. Norvegese il primo (nato nel 1828 e morto nel 1906), svedese il secondo (nato nel 1849 e morto nel 1912), entrambi glorie letterarie nazionali non senza controversie (nel caso di Strindberg), Ibsen e Strindberg (che all’epoca vennero ribattezzati in Francia “les révoltés scandinaves”, “i rivoltosi scandinavi”) rappresentano un momento fondamentale per comprendere il cosiddetto “secolo breve” e la sempre più fitta opacità del presente. È con loro, infatti, che cambia radicalmente il modo di concepire non solo il personaggio teatrale ma anche l’idea stessa di messinscena e perfino la concezione dell’uomo (non più l’individuo a tutto tondo dell’illuminismo e del romanticismo, ma piuttosto il «carattere senza carattere» teorizzato da Strindberg proprio sulla scorta di Ibsen). Il “Laser” di oggi, a cura di Mattia Mantovani, propone una rilettura di questi due grandi autori con un ospite d’eccezione: lo scandinavista Franco Perrelli, docente di discipline teatrali al DAMS dell’Università di Torino e studioso di fama internazionale, uno dei massimi esperti dell’opera dei “rivoltosi scandinavi”.

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