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Il radicalismo è uno zoom

di Chiara Sulmoni

  • 6 dicembre 2018, 10:00
Il radicalismo è uno zoom

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Le prigioni sono da sempre un terreno fertile per ogni tipo di estremismo; oggi figurano in cima alla lista dei luoghi sensibili per la diffusione del radicalismo di matrice islamica. In Italia il rapporto 2018 dell’Associazione Antigone mette nero su bianco un’impennata nei numeri, che tra casi conclamati, sospetti e a rischio, nell’ultimo anno sono aumentati del 72 %. È una tendenza che spinge a chiedersi non solo come ciò avvenga, ma nell’ottica della prevenzione, quali iniziative possano contrastare il fenomeno.

Nel reportage, Fra’ Ignazio De Francesco, monaco della Piccola Famiglia dell’Annunziata, racconta il progetto pilota che ha coordinato alla casa circondariale della Dozza a Bologna. Si tratta di un’iniziativa che la componente giuridica della fede islamica rende particolarmente interessante: pensato per i detenuti musulmani, è infatti culminato in un dialogo robusto attorno alla Costituzione ed è anche diventato un documentario. Uno dei protagonisti è Samad Bannaq, ex-detenuto di origini marocchine che non è caduto nelle maglie del radicalismo ma che dietro le sbarre, ha visto il contesto difficile dentro il quale possono anche covare idee jihadiste.

Se Samad ha gli strumenti per difendersi dall’estremismo, Valeria Collina l’ha toccato da vicino e nonostante il dolore, non si stanca di ripercorrere la sua vicenda. È la madre di Youssef Zaghba, che il 3 giugno del 2017 insieme a due altri seguaci dello Stato Islamico, ha lasciato sull’asfalto del London Bridge 8 morti e 48 feriti.

La prospettiva conclusiva è di Stefano Dambruoso, noto magistrato anti-terrorismo, già questore della Camera dei Deputati e co-firmatario di un disegno di legge per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista che da tempo attende di trasformarsi in realtà.

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