LASER
Martedì 22 agosto 2017 alle 09:00
Replica alle 22:35
Dalla caduta del regime del colonnello Gheddafi nel 2011, la Libia è terra da spartire. Città, villaggi, quartieri, strade, pezzi di deserto e di mare contesi da centinaia di milizie legate alle numerose tribù, a fazioni politiche o a gruppi islamisti che difendono con le armi la loro fetta di potere e di territorio, e che due governi rivali con sede nelle città costiere di Tripoli e Tobruk faticano a controllare.
Tra il mese di febbraio e il mese di giugno del 2016, con l’appoggio della Fondazione francese Carmignac che gli ha assegnato un importante premio giornalistico, il fotoreporter Narciso Contreras ha visitato più volte la Libia pensando di raccontare la storia dei migranti africani che nel tentativo di raggiungere l’Europa rimangono intrappolati in una guerra civile sulle rive del mediterraneo.
Per contrastare un flusso imponente di partenze che mette in crisi e in discussione centri d’accoglienza, governi e politiche d’integrazione nei nostri paesi, le autorità libiche chiedono soldi e mezzi all’Unione Europea.
Ma la realtà che Narciso ha scoperto è un’altra, eco di secoli passati quando la Libia era una tappa lungo le rotte degli schiavi. E il traffico di esseri umani è una rete in cui sono impigliati un po' tutti.