Laser
Venerdì 04 dicembre 2015 alle 09:00
Replica alle 22:35
I dati attuali ci dicono che dobbiamo ridurre almeno dell’80% le nostre emissioni di gas serra nei paesi sviluppati da qui al 2050 per avere una possibilità di restare sotto la soglia di pericolo di un aumento della temperatura di 2°C. L’allevamento è uno dei maggiori fattori del cambiamento climatico, liberando grandi quantità di gas serra. Secondo i dati della FAO “con emissioni stimate equivalenti a oltre 7 miliardi di tonnellate di CO2 per anno, che rappresentano il 14,5% delle emissioni di gas a effetto serra di origine antropica, il settore dell’allevamento gioca un ruolo importante nel cambiamento climatico”. Inoltre i sistemi di allevamento industriali dipendono dall’alimentazione a base di cereali degli animali: il 54% della produzione europea di cereali è destinata all’alimentazione animale. A livello mondiale, il 36% delle calorie provenienti dalle colture servono a nutrire il bestiame. Poi c’è il fattore energetico, l’allevamento intensivo necessita non soltanto di molta energia per fare crescere gli animali, ma anche per coltivare gli alimenti per nutrirli. Secondo uno studio pubblicato dalla Royal Society, l’alimentazione è il primo fattore di utilizzo dell’energia nell’allevamento intensivo con circa il 75% dell’energia totale richiesta. Il resto dell’energia è utilizzato per delle attività come il riscaldamento, l’illuminazione e la ventilazione. Un lusso che non possiamo più permetterci.
Ne parliamo con il geologo ambientale Mario Tozzi, Primo Ricercatore del CNR e testimonial della petizione di CIWF per chiedere ai leader mondiali di inserire l’impatto degli allevamenti e della produzione della carne nel nuovo accordo sul clima di COP21, il chimico ambientale Massimo Tettamanti, consulente tecnico in casi di reato ambientale e consulente ATRA e tra i coordinatori del Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione NEIC, con il veterinario Enrico Moriconi, già membro del comitato scientifico di Legambiente - e con Angela Tognetti, a capo di un’impresa agricola famigliare biologica a S. Antonino.