“La musica non la sopporto più, non la sopporto più nella maniera più assoluta”, ha esclamato durante la recente presentazione del suo ultimo libro “Tre cene (l’ultima invero è un pranzo”. Una dichiarazione che sembra tradurre una sua crisi profonda, un rapporto controverso con la sua creazione artistica. Scrittore certo, ma soprattutto cantautore, Francesco Guccini è l’emblema di un’epoca. Un artista nelle cui parole e nei cui suoni si è identificata un’intera generazione. Brani come “L’avvelenata”, “La locomotiva”, “la primavera di Praga” o “Il vecchio e il bambino” sono ficcati nella memoria collettiva, testi di ribellione sociale e personale. Oggi 82enne, il modenese Guccini, affetto da maculopatia, deve far fronte a un forte calo della vista che gli impedisce in pratica di leggere, la sua attività prediletta. In studio a dialogare con lui anche Aurelio Sargenti, grande conoscitore della sua opera letteraria. Come sempre Millevoci è aperta agli interventi, suggerimenti, opinioni delle sue ascoltatrici e dei suoi ascoltatori.
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