Se n’è andato tra le stelle del firmamento della fisica contemporanea il 14 marzo, data della nascita di Albert Einstein; era nato l’8 gennaio del 1942 trecento anni dopo la morte di Galileo. La notizia della scomparsa dell’astrofisico e matematico Stephen Hawking, morto mercoledì scorso nella sua casa di Cambridge in Inghilterra all’età di 76 anni, ha fatto immediatamente il giro del mondo. L’immagine del suo volto e del suo corpo contratti dalla degenerazione muscolare che lo costringeva da decenni su una sedia a rotelle è diventata un’icona della resistenza della mente pensante contro l’infermità. L’impossibilità di comunicare verbalmente se non attraverso un computer azionato dai muscoli facciali era diventata un simbolo di rivalsa della mente che supera i limiti della sindrome genetica tramite la tecnologia. E che mente quella di Stephen Hawking, il quale al pari di un altro grande come Carl Sagan, riuscì a mettere l’universo al centro dell'umanità, e non viceversa.
Ospiti:
Piero Bianucci, giornalista scientifico per il quotidiano La Stampa, divulgatore, docente in Comunicazione scientifica dell'Università di Padova
Roberto Trotta, astrofisico all’Imeperial College di Londra
Marco Cagnotti, fisico, esperto di comunicazione scientifica
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