Negli ultimi anni la presenza dei cinghiali a Sud della Alpi è cresciuta in modo costante, segno che si è adatto molto bene al territorio della Svizzera italiana. È una specie caratterizzata da una forte fecondità, con un incremento annuo dal 100 al 180%, e che non ha predatori naturali, a parte il lupo. Un recente convegno transfrontaliero ha confermato che i problemi in Ticino e nelle province italiane al di là della frontiera sono gli stessi, il confine non ferma questo mammifero possente, ma agile, che si muove molto la notte, dotato di un ottimo olfatto e di un udito fine.
L’aumento del numero di cinghiali, anche favorito dagli inverni miti, sta causando diversi danni a contadini e allevatori: con il suo grufolare alla ricerca di cibo, rivolta il terreno e lascia campi e prati da fieno in uno stato disastroso. C’è poi il grave problema sanitario della peste suina, alcuni focolai sono presenti in Piemonte e Liguria, che se dovesse giungere nella regione insubrica, causerebbe altri ingenti danni.
Il cinghiale è una specie cacciabile, ma l’attività venatoria non è sufficiente per contenerne il numero. La sua presenza in aree boschive con fitto sottobosco a ridosso delle aree urbane rende anche difficile organizzare degli abbattimenti mirati. Quali allora le strategie e gli strumenti per contenere i cinghiali?
Ne parliamo con:
Andrea Stampanoni, collaboratore scientifico settore caccia dell’Ufficio della caccia e della pesca del canton Ticino
Federico Tettamanti, biologo della fauna selvatica e consulente ambientale
Tiziano Maddalena, biologo e allevatore in Vallemaggia
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