Dell’accesso delle donne ai vertici della società civile si parla sovente, anche in questi giorni, con la richiesta avanzata da più parti di eleggere in Italia una donna presidente della Repubblica. La questione non riguarda soltanto la politica italiana, ma anche il mondo economico e quello della pubblica amministrazione in Svizzera; secondo chi auspica un’equa rappresentanza di genere, non ci sarebbero abbastanza donne agli alti livelli dirigenziali. Da qui la proposta di una legge, che verrà presto discussa nel Gran consiglio ticinese, per garantire una presenza minima del 30% di donne nei posti dirigenziali, nei CdA pubblici e para pubblici. Al di là delle posizioni che divergono a seconda degli schieramenti politici, si pone la questione se sia utile (e necessario) stabilire per legge una rappresentanza di genere nei ruoli di responsabilità. Per i/le favorevoli non si tratta di garantire delle quote rosa, ma di un passo verso una parità e una “varietà” ritenute utili e necessarie. Per chi è contrario/a si creerebbero delle corsie preferenziali che finirebbero per nuocere alle stesse donne. In mezzo rimane il cosiddetto soffitto di cristallo che – salvo eccezioni - non favorisce (anzi, sovente ostacola) le donne nella carriera professionale a tutti i livelli.
Ne parliamo con:
Daria Lepori, deputata PS al Gran consiglio ticinese
Sabrina Aldi, deputata della Lega dei ticinesi al Gran consiglio ticinese
Maria Luisa Parodi, economista, presidente della Federazione delle associazioni femminili Ticino Plus
Giulia Savio, ricercatrice accademica all’Università Bocconi di Milano
Roberta Zivolo, imprenditrice
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