Il desiderio di essere come tutti
Clandestini per scelta

La necessità di essere come nessun altro

di Corrado Antonini

  • 12.10.2014
  • 18 min
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29:10

La necessità di essere come nessun altro

RSI New Articles 10.10.2014, 09:53

Difficile, se non impossibile, trovare una frase che esprima l’essenza del conformismo meglio di questa: il desiderio di essere come tutti. Un libro che si intitola così ha vinto l’ultimo Premio Strega e risulta fra i volumi più venduti in Italia in queste settimane. L’ha scritto Francesco Piccolo e sul risvolto di copertina l’editore Einaudi lo presenta in questi termini: “il romanzo della sinistra italiana e (al tempo stesso) un racconto di formazione individuale e collettiva”.

Da lettore, leggendolo, mi sono trovato più volte a pensare questo: che il libro, a tratti, fosse scritto male. O meglio, che fosse scritto di getto, senza troppa attenzione allo stile e alla forma. Il libro — presentato come un romanzo, ma tale non è — ha vinto uno dei massimi premi letterari italiani, e quindi, nel torto, fino a prova contraria… Eppure, da lettore singolo che si fida delle proprie sensazioni, resto di questo avviso. E a un libro che, a tratti, pare non preoccuparsi troppo della messa in piega, non si può paradossalmente attribuire in alcun modo il primato della superficie (che è il tema, o la premessa, se preferite, cui il racconto si sforza di tenere fede. Meglio, la superficialità, più che la superficie). Mi vien da pensare che anche la superficie, in fondo, dovrebbe avere una sua etica (e lo azzardo pur sposando la provocazione di Michel Houellebecq, il quale, nel suo saggio su Lovecraft, sostiene che lo stile, in letteratura, non conta nulla). Eppure…

Eppure il libro di Piccolo mi è piaciuto assai. A farmene diffidare (superficialmente, a questo punto) fin dalla copertina, fin dalla vetrina in cui l’ho visto esposto, è stato quel titolo. Perché il desiderio di essere come tutti, e per quanto consapevolmente venato di ironia, può essere letto come un appello a farsi gregge. Che le intenzioni o le ragioni di Piccolo siano altre, poco importa, perché quel titolo è messo lì per apparire in quanto slogan che catturi lo sguardo e, come tanti altri messaggi subliminali, forse anche un po’ le coscienze. Quel TUTTI gridato in copertina, in colore rosso, è un richiamo alla prima pagina dell’Unità il giorno dopo i funerali di Enrico Berlinguer, titolo che stava a indicare come tutto il Paese Italia avesse reso l’ultimo saluto all’ex segretario del PCI. Quello che Piccolo fa, insomma, è riproporci quel TUTTI trent’anni dopo, spostandone però e di parecchio il baricentro. Di per sé, la cosa non presenta controindicazioni, salvo una: che il desiderio di essere come tutti (anzi: TUTTI), quel titolo, più che un richiamo alla coesione (è, forse, ironia a parte, l’intenzione dell’autore), induce il legittimo sospetto che da qualche parte si annidi anche una resa. Fa pensare, per essere più chiari, al think different di stevejobsiana memoria, che da sprone anticonformista si è trasformato, nel tempo, nell’ennesimo rifugio per conformisti di ogni età, razza e cultura (basta avercelo scritto sulla t-shirt, o come sfondo del desktop, no?).

Think different

Le persone che Piccolo cita nel libro e a cui, se ho ben capito, si è ispirato nel corso degli anni, in ambito politico ma non solo (parlo di Berlinguer, di Goffredo Parise, di Raymond Carver, la Katie del film Come eravamo, la giornalista Rosellina Balbi, ecc.) sono tutte persone che, ognuna a suo modo, a un certo punto della loro vita hanno sentito la necessità di essere come nessun altro, rompendo uno schema o una consuetudine, distaccandosi insomma dal pensiero che avevano intorno (il desiderio di essere come tutti). Buona parte del libro di Piccolo dice esattamente questo, della sua lotta, infruttuosa, a essere qualcuno di diverso da sé (di migliore, ai suoi occhi, ma pur sempre diverso da sé), e di aver capito, alla fine, che quanto gli appartiene più di ogni altra cosa, e che gli fu instillato addirittura per via genetica, è la superficialità.

La vicenda narrata da Piccolo, parlo della convergenza fra la sua biografia e i fatti altri, che riguardano il Paese, che è poi convergenza fra pubblico e privato, altro tema cardine del libro, risulta astutamente disseminata di colpi di scena. Un po’ troppi forse, per essere creduti. Tutti quei momenti fatidici e le coincidenze da cui sembra scaturire una logica infallibile sono, narrativamente parlando, dei ganci fin troppo evidenti. Sembra un po’ la sceneggiatura di un film hollywoodiano, dove tutto, senza margine d’errore, succede sempre alla stessa pagina. Esiste un’ampia manualistica al riguardo, che indica per filo e per segno quali siano le regole da seguire per ciclostilare la sceneggiatura perfetta. Salvo poi che i film più riusciti (quelli che magari ci cambiano la vita), funzionano secondo una logica propria, e diffidano dei modelli preesistenti (la necessità di essere come nessun altro). E allora?

Allora niente. Il libro mi è piaciuto, ma quel titolo ha un nonsoché dell’air du temps che invita alla prudenza. Visto che il libro parla anche di Berlusconi, finisce col suggerire (ai miei occhi, non necessariamente a quelli degli altri) non tanto una sconfitta del senso critico o un appiattimento ai modelli dell’era prima craxiana e poi berlusconiana, quanto il dubbio che non sia poi così sbagliato (o così grave: chesaràmai…) ammiccare ironicamente, con quel distacco consapevole e critico che abbiamo un po’ tutti, al conformismo. Io devo anzitutto restare fedele alla linea di questo programma, in ossequio a un titolo che di gran lunga preferisco: la necessità di essere come nessun altro, e quindi ciao.

La scaletta della settimana:

- My people/The blues ain't, Duke Ellington, da My people, ed. Boplicity (2014)

- O padeiro, o glutão, a moça e o amante, Cão Baleia, da O padeiro, o glutão, a moça e o amante, autoproduzione (2014)

- Get Me to the Shul On Time, Paul Shapiro, da Shofarot verses, ed. Tzadik (2014)

- Les anarchistes, Léo Ferré, da Thank you Ferré, ed. Barclay (2008)

- All walks of life, Mike Dillon, da Band of outsiders, ed. Royal Potato Family (2014)

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