Un grave flop tecnologico e di immagine, una catastrofe industriale: la perdita delle mancate vendite stimate in 17 miliardi di dollari. Il colosso sud coreano dell’elettronica, dopo aver in un primo tempo richiamato 2,5 milioni di telefonini, ha deciso ieri di sospendere la produzione del nuovissimo Galaxy Note 7, lanciato sul mercato appena due mesi fa in Asia e Stati Uniti a 882 dollari. Irrisolti i problemi alla batteria: non esplode più, ma fonde.
Per la Samsung Electronics, il danno va oltre la monetizzazione delle mancate vendite e della pesante perdita del valore borsistico di oltre l’8 per cento. Il Galaxy Note 7 è stato un assoluto insuccesso. Presentato strategicamente prima dell’iPhone 7 della Apple, doveva rappresentare l’oggetto faro e trainante della Samsung in quel settore. Le conseguenze, ora, potrebbero avere ripercussioni negative anche su altri prodotti Samsung. Sarà arduo - dicono gli analisti - recuperare la fiducia dei consumatori.
Come mai l’azienda leader per numero di telefoni venduti, intenzionata a riprendersi la scena anche per prodotti di alta gamma, è incorsa in questa clamoroso incidente? Tutta colpa della sfrenata e parossistica corsa all’innovazione tecnologica? Del repentino lancio di nuovi prodotti per anticipare la concorrenza, ma che sconcerta e disorienta i consumatori? Oppure è sempre e soltanto una questione tecnologica legata a un componente problematico come sono le batterie?
Se ne discute a Modem, con:
Bruno Ruffilli, giornalista alla Stampa, esperto di nuove tecnologie;
Carlo Filippini, specialista di economia asiatica, docente all'Università Bocconi di Milano;
Stefano Caimi, ingegnere chimico, dottorando al Politecnico federale di Zurigo
Stefano Carrer, giornalista al Sole24ore, nostro collaboratore
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