Ci sono soprattutto donne e bambini tra gli oltre 2 milioni di profughi in quello che per le Nazioni Unite è l'esodo in più rapida crescita dalla seconda guerra mondiale. File interminabili di madri e figlie, sfollate dalle città ucraine e rifugiate nei Paesi confinanti, mentre gli uomini sono impegnati nella guerra. In tempi di conflitto come quello che sta colpendo l’Ucraina, e in situazioni di spostamento di massa, le donne sono esposte ad un rischio maggiore di violenza legata al genere e sono più vulnerabili alle situazioni di sfruttamento e abuso. In questi giorni l'Ufficio svizzero dell'Alto Commissariato dell'ONU per i rifugiati – UNHCR - ha sollevato il tema delle violenze sessuali subite dalle rifugiate nel mondo. Anche in Ucraina donne, bambine e ragazze rischiano di diventare il fronte invisibile del conflitto, vittime di una violenza non raccontata, anche se va detto che al momento nonostante le accuse e gli allarmi lanciati da Kiev, non sembrano esserci prove di abusi. Storicamente la violenza sulle donne in guerra risale alla notte dei tempi, fino al mito. La predazione si ripete dai primordi, attraversando il processo di incivilimento, e guadagnandosi ancora oggi spazio nelle cronache. Su quel cono d’ombra e sulle radici della violenza maschile, proviamo a riflettere con uno dei massimi esperti in materia, lo psicoanalista Luigi Zoja, internazionalmente noto per i suoi studi – ricordiamo Centauri. Alle radici della violenza maschile, tradotto in 14 lingue - e con la testimonianza di una "sopravvissuta", che dopo la violenza ha saputo ricominciare a vivere.
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