Testimonianze

Una vita da staffetta

Mentre gran parte del popolo italiano si ubriacava esaltandosi alla dichiarazione di guerra a Francia e Inghilterra annunciata dal Mussolini nel giugno del 1940, Giacomina Castagnetti, a quindici anni, decideva di collaborare con la Resistenza antifascista

  • 20 luglio, 17:00
Cattura.PNG
Di: Romano Giuffrida 
Io nel 1940 compivo quindici anni, ma in realtà non credo di avere mai avuto quell’età. In quel periodo ero già matura per capire molte cose. Lavoravo nei campi, accudivo la casa e poi avevo queste mie idee che si facevano sempre più consistenti nella mia testa, idee che mi portarono quello stesso anno ad aderire al Partito comunista italiano, l’unico che avesse progetti chiari su che cosa fare contro il fascismo e il nazismo.

Giacomina Castagnetti

Raccontava così Giacomina Castagnetti, classe 1925, dall’età di quindici anni Staffetta partigiana attiva tra Reggio Emilia e le aree circostanti fino al termine del secondo conflitto mondiale.

Cosa significava avere quindici anni in un’Italia fascista che si apprestava a entrare nella guerra mondiale alleata del Terzo Reich hitleriano?

Potevano bastare i versi “zuccherini” delle canzoni come «Un′ora sola ti vorrei/ Io che non so scordarti mai...» oppure «Parlano d’amore i tuli tuli, tuli, tulipan ...» che la radio diffondeva senza soluzione di continuità, a distrarre e ingannare gli adolescenti di allora, nascondendo loro i presagi di morte che si approssimavano come nuvole nere prima di una tempesta? Per molti forse sì, soprattutto se cresciuti in famiglie già invasate dalla retorica mussoliniana, per molti altri no. Come ad esempio per Giacomina.

Cattura.PNG

Giacomina Castagnetti

Giacomina, orfana di padre, era stata cresciuta da sua madre in una famiglia di mezzadri antifascisti e comunisti a Roncolo di Quattro Castella, nella campagna di Reggio Emilia. Le idee che aveva “respirato” in famiglia e le difficoltà del vivere quotidiano, scandito da fatica e sfruttamento nei campi, non le permisero di vivere con leggerezza adolescenziale quel periodo che capiva essere messaggero solo di tragedie. Nessuna voglia quindi di cantare «Oggi tutto il cielo è in festa / Più ridente brilla il sole / E non so perché vedo intorno a me / Tutte rose e viole» come recitava all’epoca un’altra canzone di successo, tanto quanto, con il senno di poi, di malaugurio. Anzi.

Aderii a un gruppo di giovani che avevano la mia età o forse un anno o due più di me e, coscienti o incoscienti, ci esaltava l’idea di fare qualcosa, pur nei nostri limiti, perché la guerra durasse il meno possibile.

Giacomina Castagnetti

I ragazzi cominciarono così ad impegnarsi nel raccogliere denaro per aiutare le famiglie dei perseguitati politici. «Io andavo a raccogliere quello che si chiamava il soccorso rosso da famiglie che mi indicavano, senza rendermi conto di quanto pericolo corressi». Insieme ai volantini antifascisti che di tanto in tanto le affidavano e che lei portava dentro la borsa della spesa, Giacomina da autodidatta (per lavorare nei campi, aveva smesso la scuola in terza elementare), leggeva qualche libro proibito dal fascismo come «Il tallone di ferro di Jack London che tenevo nascosto sotto un mattone in cantina perché non venisse scoperto. Quello che è difficile spiegare adesso è che qualsiasi cosa poteva essere compromettente: leggere un libro proibito o magari semplicemente raccontare una barzelletta, erano comportamenti che potevano indurre i fascisti a venire a frugare in casa tua e a farti anche del male».

Cattura.PNG

10 giugno 1940, Mussolini annuncia l’entrata in guerra dell’Italia contro Francia e Inghilterra

Nel giugno del 1940, all’entrata in guerra dell’Italia, Giacomina, divenuta orfana anche della madre da pochi mesi, aveva un fratello in armi in Grecia, uno in Albania e un altro sul fronte francese.

La guerra l’ho sentita subito sulla mia pelle nel 1941, quando è morto mio fratello in Grecia, aveva 23 anni. Dopo due mesi che era partito era arrivato il telegramma di morte. Il telegramma ce l’hanno portato due militi perché il duce voleva che i telegrammi di morte venissero consegnati personalmente, in divisa, in forma ufficiale. Io piangevo e la prima cosa che mi sono sentita dire è stata: ma perché piangi? Tuo fratello è morto per la patria. La mia rabbia è stata ancora più forte.

Giacomina Castagnetti

Dopo l’8 settembre del ’43, condividere la Resistenza partigiana armata, per Giacomina Castagnetti fu la scelta più ovvia. Insieme al suo gruppo cominciò ad organizzare le prime azioni ossia nascondere i soldati sbandati che, nel caos provocato dall’armistizio, abbandonavano i propri reparti, rifornirli di abiti civili, garantirgli un minimo di cibo. E poi, naturalmente, come gruppo, rendersi disponibili come staffette per la rete di collegamento con le formazioni partigiane che si organizzavano in montagna.

Cattura.PNG

«In quel momento i giovani si trovarono davanti a un bivio: farsi prendere dai tedeschi o andare in montagna, non c’era una terza via». Giacomina non andò in montagna: «In montagna andarono quelle donne che non potevano più stare in casa perché già segnalate dai fascisti, io quello che potevo fare lo facevo stando a casa». E non era poco. Sappiamo quanto quel “lavoro da casa” di Giacomina, come quello delle oltre 55 mila donne impegnate in Italia come staffette, fu determinante per il successo della Resistenza armata al nazifascismo. Le staffette, infatti, fondarono squadre di primo soccorso, contribuirono alla raccolta di indumenti, cibo e medicinali, si occuparono dell’assistenza ai familiari dei caduti, ma soprattutto trasportarono, camuffate nelle maniere più inimmaginabili, armi e munizioni destinate ai partigiani, garantendo nel contempo i collegamenti tra le varie brigate e tra le formazioni e il centro direttivo.

Cattura.PNG

24 aprile 1945, Reggio Emilia liberata

Dopo questo periodo così nero la Liberazione è stata veramente una cosa che non si piò descrivere. Dire: la guerra è finita! è stata una felicità inimmaginabile. Era tutto bello, ci entusiasmava tutto.

Giacomina Castagnetti

Cattura.PNG

Per tutta la vita, oltre a battersi per i diritti delle donne e agire come consigliera comunale e sindacalista, Giacomina comunque non ha mai smesso di essere staffetta e lo ha fatto andando tra i giovani per spiegare cosa fosse stata la guerra e cosa avesse significato vivere sotto una dittatura. Perché diceva: «Chi ha vissuto quegli anni deve raccontarli».

Purtroppo però i testimoni di quell’epoca stanno scomparendo uno a uno. Anche Giacomina Castagnetti, salutata dalle note di Bella ciao, se n’è andata lo scorso anno, a novantanove anni.

Ti potrebbe interessare