Storia

Paolo Borsellino: una vita dedicata alla giustizia

Il 19 luglio di 33 anni fa, il mondo fu scosso dall’attentato terroristico di via D’Amelio in cui perse la vita il magistrato palermitano

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Un murale degli artisti di strada Rosk e Loste, che riproduce una foto iconica dei principali magistrati antimafia, da sinistra Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, visibile sul lato di un edificio a Palermo.

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Di: Astrid Julia Lang  
Paolo Borsellino […] non faceva il magistrato, era un magistrato, un magistrato innamorato della giustizia, della verità e della libertà.

Intervento di Giorgia Meloni alla cerimonia per l’esposizione alla Camera dei Deputati di teca dedicata a Paolo Borsellino, 30.06.2025

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Strage di via D’Amelio, 19 luglio 1992.

Il 19 luglio 1992 morivano a Palermo il magistrato siciliano Paolo Borsellino e i cinque uomini della scorta, a soli 57 giorni di distanza dal suo collega Giovanni Falcone, in un’esplosione di 50 chili di tritoli, nascosti in una vecchia Fiat 126, parcheggiata nei pressi dell’abitazione della madre.

Borsellino faceva parte del pool antimafia con Giovanni Falcone e altri magistrati che dette un colpo decisivo alla malavita organizzata, culminato nel 1986 nel maxi processo di Palermo, che si concluse il 16 dicembre 1987 con 342 condanne, di cui 19 ergastoli, per un totale di 2.665 anni di carcere. Le condanne trovarono conferma nella decisione della Corte di Cassazione che convalidò i verdetti di primo grado, concretizzando la peggiore disfatta giudiziaria della mafia siciliana. Inevitabile la rappresaglia che culminò con l’assassinio di Falcone e Borsellino. Dopo quelle stragi sembrava che la mafia avesse vinto su tutta la linea, ciononostante «le morti tragiche di Falcone e Borsellino ebbero effetti profondi, che ancora oggi non hanno finito di dispiegarsi. Il primo di questi effetti consisté semplicemente nel consolidamento della straordinaria vittoria riportata dai magistrati impegnati nella lotta alla mafia: l’esistenza di un’organizzazione criminale chiamata Cosa Nostra non è più soltanto un postulato teorico. Se Cosa Nostra esiste, allora ha una storia; se ha una storia, allora, come Falcone diceva spesso, ha avuto un principio e avrà una fine.» (Dickie, John: Cosa Nostra. Storia della mafia siciliana. Roma, 2008.)

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Moneta da 2 euro in occasione dell 30º anniversario della morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

La capacità di Borsellino di sfidare la criminalità organizzata nasceva dalla profonda conoscenza di quella realtà, dalla capacità di non sottovalutare l’avversario, dall’incrollabile fede nella giustizia e nella legalità e dalla consapevolezza delle enormi conseguenze negative delle attività criminali, sia su un piano economico, sia da un punto di vista della partecipazione democratica e dell’esercizio delle libertà fondamentali. Secondo Borsellino «la lotta alla mafia deve essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.»

Sottolineando il valore del coraggio, della responsabilità e della partecipazione alla vita pubblica, invitando a non chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie e rifiutando l’indifferenza e lottando per la costruzione di una società giusta Borsellino ha riposto la speranza nei giovani, come evocato nel suo discorso “i giovani, la mia speranza”, sottolineando come nell’acquisizione della necessaria consapevolezza e nell’educazione alla legalità la scuola giochi un ruolo fondamentale. Questo è il testamento morale ed il più grande insegnamento che ha lasciato Paolo Borsellino. Negli esami di maturità del 2025, cui hanno partecipato oltre 500.000 studenti il ministero dell’istruzione ha inserito tra le tracce della prima prova di italiano proprio il discorso di Paolo Borsellino dal titolo “I giovani, la mia speranza”, un’occasione di riflessione sulla figura di uno dei magistrati simboli della lotta alla mafia e altresì un invito a guardare al futuro con coraggio e responsabilità. Nella storia recente in cui l’Italia è ancora coinvolta nella lotta alla criminalità organizzata il messaggio di Borsellino resta quantomai attuale.

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Carta bianca - Nando Della Chiesa e Paolo Borsellino

RSI Carta bianca 16.04.1987, 02:00

Con il loro sacrificio figure quali quelle di Paolo Borsellino e dell’amico Giovanni Falcone non si limitano ad assumere il ruolo di eroe, bensì, aspetto molto più importante, hanno consentito di intravvedere un futuro libero dalla mafia e dal crimine organizzato, che va combattuto costantemente senza mai abbassare la guardia. Un esempio di questo loro insegnamento è stata la costituzione del movimento Addiopizzo nato nel 2004 a Palermo per “promuovere una rivoluzione culturale contro le mafie”.

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Il Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano incontra l'Associazione Addiopizzo Junior.

«La mattina del 29 giugno 2004 i cittadini palermitani trovarono nelle strade del centro un foglio bianco listato a lutto, appiccicato su tutti i cartelloni pubblicitari e su tutti i lampioni, in cui era scritto: «un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità.» era l’inizio di un movimento di base contro il regime del pizzo imposto da Cosa Nostra.» (Dickie, p. 486)

Ad oggi il movimento che comprende 1063 imprese pizzo-free e 13’497 consumatori, promuove il consumo critico, invitando i cittadini a fare i propri acquisti presso gli esercizi commerciali e le imprese che non si piegano all’estorsione, in base al principio “pago chi non paga”. (www.addiopizzo.org)

Paolo Borsellino, come tanti magistrati e altre figure impegnate nella lotta contro la mafia è divenuto vittima della sua integrità e della sua perseveranza, senza che lo Stato abbia avuto la capacità, il coraggio e i mezzi per garantire la sua incolumità, fatto di cui Giovanni Falcone per primo era profondamente consapevole, come da lui sottolineato poco prima di morire:

«Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere.» (Falcone, Giovanni; Padovani, Marcelle: Cose di Cosa Nostra. Bergamo, 1995. p. 171)

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Intervista al fratello di Paolo Borsellino

Telegiornale 04.10.2023, 20:27

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