Calcio

Fadil Vokrri, l'eroe amato da Pristina a Belgrado

Da giocatore ruppe ogni barriera politica coi gol, da dirigente guidò il Kosovo nella storia

  • 8 settembre 2023, 10:30
  • 9 settembre 2023, 12:54
Fadil Vokrri

Assieme a Bernard Challandes nel marzo 2018

  • Keystone

di Nicola Rezzonico

Statue, murales, bar. E non solo lo stadio cittadino, intitolato proprio a suo nome. Per le vie di Pristina, a oltre cinque anni da quell'arresto cardiaco che ne spense tragicamente il respiro, nessuno ha intenzione di dimenticare Fadil Vokrri. Anzi, il ricordo è ancora nitidissimo, e viene tutt'oggi tramandato per mano della stessa Nazionale kosovara. Una causa alla quale il miglior calciatore della storia locale si era dedicato con fervore dal 2008 - cioè dalla nomina a presidente della Federazione - per raccogliere progressivamente i frutti desiderati. Dapprima, nel 2014 (dopo il via libera in fatto di amichevoli), il tanto agognato debutto della nuova rappresentativa; poi, nel maggio del 2016, una vera svolta epocale, leggasi l'affiliazione a UEFA e FIFA. Ecco, a quel punto il destino beffardo deve forse aver pensato che il mandato terreno fosse stato portato a compimento.

Ma l'ascesa di Vokrri verso la notorietà inizia parecchio tempo prima, sul finire degli anni '70. Già col Llapi, la squadra della giovinezza, emergono infatti tutti i colpi propri dell'attaccante fuoriclasse: dribbling folgorante, destro, sinistro e perfino testa, a dispetto di una stazza (170cm) non certo da corazziere. Sono per l'appunto queste le qualità che, a partire dal 1980, stregheranno i tifosi del Pristina. Per sei stagioni, precisamente, scisse in due da un memorabile spartiacque: la prima promozione assoluta nella PRVA Liga, la massima divisione del calcio jugoslavo. Trascinata dal "Maradona del Kosovo", così si era cominciato a chiamarlo, quella piccola realtà poteva ora competere in mezzo a giganti del calibro di Hajduk Spalato, Dinamo Zagabria, Stella Rossa o Partizan Belgrado. Cosa da non credere. Ancor più stupefacente - alla luce del noto quadro politico, fatto di tensioni insostenibili - è però il successivo step.

Come, un albanese del Kosovo in campo per la Jugoslavia? Ai limiti dell'impossibile. Nessuno c'era mai riuscito, e, dopo Fadil, nessuno vi riuscirà più. Al suo talento funambolico, tuttavia, nulla è precluso a priori. Nemmeno la successiva chiamata del Partizan, che - corre l'estate del 1986 - porta nella capitale un 26enne ormai pronto alla definitiva consacrazione. Ed essa, effettivamente, arriverà: due titoli (campionato '86-'87 più Coppa '88-'89), un premio di calciatore jugoslavo dell'anno ('87) e tante, tante attenzioni dall'Ovest del continente. Si fa avanti addirittura la Juventus, ma gli obblighi militari stroncano in principio il sogno italiano. Poco male, perché con quei medesimi colori continua a esserci feeling: è soltanto l'inesorabile avvicinarsi del conflitto che allontana il tanto idolatrato numero 10 dai Grobari, la frangia più calda della Belgrado bianconera. Prossime fermate Nîmes, Istanbul (sponda Fenerbahce) e di nuovo Francia, dove nel 1995, lontano dai riflettori, cala infine il sipario sulla carriera da giocatore. Non però sulle aspirazioni lavorative di Vokrri, il quale, conseguita una laurea in gestione aziendale, tornerà finalmente a casa per farsi artefice del grandioso progetto. Ma di ciò si è già parlato sopra, fino al maledetto sabato 9 giugno 2018. Una data che unirà per sempre nella memoria Pristina e Belgrado, e che, tra i molteplici omaggi, ha visto nascere il Fadil Vokrri Stadium, ribattezzato appunto per la funesta occasione. Qui in ogni partita, sguardo all'insù, si mira a impreziosire la favola ideata dall'indimenticato eroe. Che sia ben chiaro anche alla Svizzera, domani sera.

Legato a Rete Uno Sport 08.09.2023, 07h00

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