di Marcello Ierace
Ci sono dei no che restano nella storia. Anche se la storia - crudele per chi la sfida - ti dimentica. Ci sono uomini, come "El Lobo", il Lupo, Jorge Carrascosa che hanno detto un no che pochi - davvero pochi, ve lo assicuriamo - avrebbero avuto il coraggio di dire. Jorge ha detto no alla gloria, ai soldi, ad una fascia di capitano, ha detto no al sogno più grande che un calciatore possa avere: conquistare la Coppa del Mondo davanti al proprio popolo.
Jorge Carrascosa è stato per anni il capitano della Nazionale argentina e lo è stato fino alla vigilia del Mondiale del 1978. Ma proprio a pochi mesi dall'inizio della Coppa del Mondo casalinga, Carrascosa lascia la fascia, lascia l'Albiceleste e, poco dopo, lascerà anche definitivamente il calcio. Per lui le mani che stavano per prendere in mano la coppa erano già fin troppo sporche di sangue. Il sangue delle decine di migliaia di desaparecidos, dei fucilati, dei torturati. Di tutte le vittime prodotte dal regime militare guidato, a partire dal 1976, prima dal generale Jorge Rafael Videla e poi dai suoi successori Viola e Galtieri. Un regime che in sette anni accumulerà 2'300 omicidi politici e oltre trentamila persone scomparse letteralmente nel nulla. E proprio oggi, il 30 aprile, si celebra il 43o anniversario della prima marcia delle Madri di Plaza de Mayo - le madri dei desaparecidos - davanti alla Casa Rosada, la sede del governo di Buenos Aires. Una marcia che si ripete, da allora, ogni giovedì. Perché venga fatta giustizia, perché non si dimentichi.
ORMe, il racconto sulla vita di Jorge Carrascosa
RSI Sport 28.04.2020, 11:41
Contenuto audio
Orme, il servizio sulla finale dei Mondiali di calcio del 1978 (30.04.2020)
RSI Sport 30.04.2020, 12:57
Playlist
C’è chi dice no – Vasco Rossi, 4’30” (Universal)
Le madri di Plaza de Mayo – Paolo di Sabatino, 3’55” (World Music)