Ci conoscemmo alla fine degli anni Settanta, quando eravamo quasi dei “signor nessuno”. Mentre io lo sono rimasto, lui si è palesato un genio, un Caravaggio contemporaneo. E questo, a differenza dei colleghi più famosi, come Pratt, Moebius, Crepax, Manara, Adams o Eisner.
La spiegazione? Tutti questi grandi erano o sono artisti di matita e pennarello. Andrea Pazienza, detto Paz, no. La matita quasi non la usava. Non aveva bisogno di fare schizzi. Andava subito di pennarello, e in certi casi di pennello, per lo straordinario ed esclusivo requisito di avere tutte le vignette di tutte le storie, belle stampate in testa.
A due anni, quando aveva da poco imparato a parlare, Paz corresse la zia che, tenendolo in braccio, stava disegnando una giraffa senza le corna. E tutti i presenti, a cominciare dal papà e la mamma, rimasero stupiti: tra gli animali delle campagne di San Benedetto del Tronto, dov’era nato, o di San Severo, dove stava crescendo, di animali cornuti c’erano bufali, vacche e capre. Ma certamente nessuna giraffa.
Io e Paz ci incontrammo qualche volta sulla spiaggia pugliese di San Menaio e nella casa di via Emilia Ponente 223 a Bologna. Io anche nelle vesti di direttore artistico di una fiera del fumetto. Lui sempre più come star dei comics.
Ma una cosa ci divideva: la droga. Mentre io stavo lontano persino dalle banali canne (non avendo mai imparato ad aspirare il fumo delle sigarette), lui le provava tutte, anche per curiosità. Compreso le più pesanti. Fino a diventarne schiavo.
Nel corso degli anni, ho conosciuto molti suoi familiari, fidanzate e amici. Standogli vicino ammiravano le opere che lui creava soprattutto di notte. E temevano cosa gli sarebbe potuto succedere per quella sua “dipendenza”. E che puntualmente successe una notte del giugno del 1988 nella cascina di Montepulciano, in Toscana, dove s’era rifugiato per allontanarsi dai pusher bolognesi e soprattutto da “sé stesso”.
Certo, ne è passato di tempo da quando se ne andò a soli 32 anni. Ma lui è straordinariamente sempre più amato e conosciuto anche da molti ragazzi che non erano nemmeno nati quando Paz morì.
E così m’è venuto di rendergli omaggio con questi cinque Podcast che tracciano la sua eccezionale, burrascosa e breve esistenza. Ricordando, grazie alle testimonianze di molti, la sua grandezza. E percorrendo il suo tragitto, dall’infanzia a San Severo fino a Montepulciano, passando per Pescara e naturalmente, a cavallo tra anni ’70 e ’80, per l’irrequieta Bologna.
Courtesy foto: Isabella Damiani
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