L’ANALISI

La Norvegia, una potenza del gas naturale

Con i nuovi equilibri stabiliti dalla guerra in corso in Ucraina, il paese ha rafforzato la sua posizione sui mercati internazionali

  • 23 gennaio, 05:53
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Nel Mare del Nord

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Di: Stefano Grazioli 

La scorsa settimana tre permessi per sviluppare nuovi giacimenti di petrolio e gas offshore che il Governo norvegese aveva concesso a colossi come Equinor e Bp sono stati revocati da un tribunale di Oslo poiché il loro impatto ambientale non è stato sufficientemente valutato. Quasi contemporaneamente il Governo ha però rilasciato 62 licenze di esplorazione a 24 società energetiche nazionali e straniere per ricerche nel Mare del Nord, in quello di Barents e in quello di Norvegia. Le questioni ambientali non sembrano incidere quindi troppo sulla nuova tendenza: dopo l’isolamento della Russia a causa della guerra in Ucraina e dopo le sanzioni che hanno colpito Mosca in parte del settore energetico, soprattutto quello petrolifero, mentre quello del gas è rimasto indenne, la Norvegia è diventata il primo attore a livello continentale. Oslo ha approfittato dello spostamento forzato del baricentro russo dall’Europa all’Asia, ha rafforzato la propria posizione sui mercati internazionali e oggi soddisfa circa il 30% del fabbisogno di importazione di gas dell’Unione Europea.

Russia fuori gioco

L’industria del petrolio e del gas, sviluppatasi a partire dagli anni Sessanta, è a oggi il settore economico più importante del paese nordico sia per le entrate statali che per il valore delle esportazioni. Equinor è l’azienda con il maggior volume di produzione ed è controllata per due terzi dallo Stato. La Norvegia controlla una rete di gasdotti con una lunghezza totale di circa 8’800 chilometri: Europipe e Norpipe collegano i giacimenti di gas nei mari norvegesi direttamente con la Germania, da sempre principale partner. Secondo il governo norvegese la produzione di petrolio aumenterà del 5% nel 2024 rispetto al 2023, mentre la produzione di gas naturale aumenterà dell’1,7%. Il sabotaggio nel settembre del 2022 del gasdotto Nordstream, che collegava Russia e Germania passando sul fondo del Mar Baltico, che di fatto ha reciso ogni rapporto energetico tra Mosca e Berlino, ha rafforzato i legami tra i due paesi.

Più export verso la Germania

Berlino ha infatti dovuto diversificare il proprio import di gas naturale, vista l’impossibilità di ricevere quello russo e la Norvegia è di gran lunga il primo fornitore davanti ai Paesi Bassi e al Belgio. Dal febbraio 2022 Berlino ha aumentato anche le importazioni di gnl (gas naturale liquefatto), in larga parte dalla Norvegia e dagli Stati Uniti. Lo scorso dicembre la compagnia energetica statale tedesca Sefe ed Equinor hanno concordato forniture di gas a lungo termine per i prossimi dieci anni e opzionato l’export di idrogeno verso la Germania tra il 2029 e il 2060. Per il primo si tratta di uno dei più grandi accordi sul gas che Equinor abbia mai concluso e Sefe è l’ex filiale tedesca della compagnia energetica russa Gazprom, Gazprom Germania, ora di proprietà del governo federale di Berlino. Dopo l’inizio dell’invasione russa, Gazprom Germania è stata nazionalizzata e uno dei primi passi della nuova compagnia ristrutturata è stato quello di concludere già nel 2023 un contratto ventennale per l’import di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti.

La sfida del 2050

Nonostante che alla recente Conferenza sul clima in Dubai si sia sottolineato come ci si debba preparare a dire addio al petrolio e al gas, la Norvegia sembra voler continuare almeno sul breve-medio periodo sulla sua strada, tanto che secondo l’analisi dell’associazione industriale Offshore Norge, gli investimenti nel petrolio e nel gas raggiungeranno un nuovo massimo intermedio nel 2024, grazie anche agli sgravi fiscali per le imprese del settore concesse a partire dalla pandemia. Per quel riguarda la produzione, questa dovrebbe crescere sino al 2030. Se da un lato il governo norvegese tende quindi ad attenuare e ammorbidire comunque il calo della produzione di idrocarburi entro il 2050 per non gravare sull’economia interna, dall’altro è evidente che con i tagli dalla Russia, la Norvegia è appunto oggi un fornitore particolarmente ricercato per i paesi dell’Unione Europea e per il prossimo quinquennio lo sarà ancora. Poi si vedrà.

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