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“Come me altri 174”

La testimonianza del giornalista Gabriele Del Grande, incarcerato in Turchia per più di dieci giorni

  • 25 aprile 2017, 23:52
  • 23 novembre, 05:55
Ancora oscuri i motivi dell'incarcerazione

Ancora oscuri i motivi dell'incarcerazione

  • ansa

“Mi sono trovato a tutti gli effetti in una situazione di sospensione del diritto”. Sono le parole di Gabriele Del Grande, giornalista e noto blogger-regista italiano, liberato lunedì dopo essere stato arrestato senza accuse specifiche lo scorso 9 aprile in Turchia, dove si era recato per realizzare un libro sui profughi siriani rifugiati nella provincia dell'Hatay. Il Radiogiornale lo ha raggiunto oggi per raccogliere la sua testimonianza.

Per Del Grande rimane ancora misterioso il motivo dell'arresto, visto che né lui né i suoi avvocati hanno ad oggi accesso al fascicolo. “Sono entrato in Turchia con passaporto e timbro regolare, ma senza un accredito, perché non lo ho mai avuto nei miei viaggi in questo paese”. Del Grande si trovava in una zona al confine con la Siria, dove in una Turchia in stato di emergenza ogni movimento è controllato.

“Il fermo è avvenuto mentre pranzavo in un ristorante con la mia fonte. Si sono presentati 8 agenti in borghese che hanno mostrato un distintivo, ci hanno chiesto i documenti e ci hanno invitati a seguirli. Aleggiava un clima strano, inizialmente sembrava una sciocchezza e tutto si è concluso a mezzanotte con il trasferimento in un centro di detenzione, senza nemmeno sapere dove ci stavano portando.”

L'arrivo in Italia, la compagna e il ministro degli interni Alfano

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Qui gli interrogatori proseguono: “Le domande vertevano tutti sulla questione: perché ero lì? Volevo andare in Siria? Cosa cercavo? Chi dovevo incontrare? Chi erano i miei contatti lì o in Siria? Hanno cercato prove anche sul mio telefono.”

Insomma, inizialmente tutto lasciava intendere un normale controllo di sicurezza, vista la zona di confine e il conflitto siriano. “Quando però hanno capito che ero un giornalista le domande si sono spostate immediatamente sul contenuto del mio lavoro.”

Di tutto quello che stava avvenendo in Turchia le autorità italiane non sono state informate per ben 10 giorni e, solo il 18 aprile, in seguito alle proteste di Del Grande, gli è stato concesso di chiamare la moglie. Da lì ha preso avvio la campagna di sostegno civile e istituzionale che dall’Italia ha fatto pressione sulla Turchia per la liberazione.

Il giornalista italiano conclude sottolineando come rimangano tuttora altri 174 giornalisti dietro le sbarre in Turchia.

RG/dielle

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