Non bastano più i sondaggi, che monitorano in tempo reale gli umori della nazione. I più attesi sono quelli di Rick Nye, responsabile di Populus, l’unico capace di prevedere l’ampia vittoria dei conservatori alle politiche dell’anno scorso. Una disfatta per tutti gli istituti demoscopici, tranne che per Populus. Da lì nasce la diffidenza verso le previsioni degli esperti. La fiducia è ai minimi storici, giustificata anche dall’imprecisione in occasione delle ultime amministrative. L’atteso annientamento dei Labour non si è verificato. Screditati i sondaggisti, ci si affida ai segni della politica per immaginare quale potrà essere l’esito del referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea.
Nuovo sindaco di Londra
A Londra l’elezione del nuovo sindaco ha assunto significati che oltrepassano la futura gestione di City Hall. Dopo Boris Johnson toccherà a Sadiq Khan guidare la città più grande d’Europa. Figlio di immigrati pachistani, avvocato specializzato in diritti civili, musulmano praticante e... convinto oppositore della Brexit. Senza dubbi né incertezze. La stessa nettezza di pensiero del suo avversario nella corsa alla poltrona di sindaco, Zac Goldsmith, che però è un euroscettico di famiglia. Suo padre Sir James, un banchiere milionario, negli anni ’90 aveva fondato il primo partito (Referendum Party) dichiaratamente per l’uscita dall’Europa.
Dichiarazione di voto
L’ampia vittoria di Khan da molti è stata interpretata come la riaffermazione dell’identità multi-etcnica e multi-confessionale di Londra, una megalopoli con più di un milione di abitanti di fede musulmana, dove un cittadino ogni tre è nato all’estero. Ma è stata anche vista come una dichiarazione di voto (anticipata) in vista dell’appuntamento del 23 giugno. Londra si è espressa chiaramente. La sua vocazione cosmopolita non può che porla in antitesi con l’ipotesi Brexit. Perché è proprio grazie all’immigrazione e agli interscambi globali, soprattutto con il Vecchio Continente, che Londra prospera.
Successo UKIP
Ma se la capitale è ovvia nelle sue intenzioni, più complicata risulta la lettura dei risultati elettorali altrove. Sulla Scozia filo-europeista non ci sono dubbi, l’assemblea del Galles viceversa accoglie nella prossima legislatura i primi eletti tra le fila dell’UKIP, la formazione eurofobica di Nigel Farage. Indizi che suggeriscono come, lontano da Londra, le istanze Brexit sappiano spostare voti, rendendo incerto l’esito della contesa referendaria. Ecco allora perché la futura collocazione del Regno in Europa uscirà - con ogni probabilità - dallo scontro tra il multiculturalismo di Londra con l’orgoglioso isolazionismo della provincia.
Lorenzo Amuso