Aaron Lobb, pubblicitario, sposato con un'italiana, si sente cittadino del mondo ed è quindi contrario all'uscita della Gran Bretagna dall'Europa. Lui però, come molti suoi concittadini, non sa cosa accadrà se a prevalere fosse il "sì alla Brexit". La chiamano “la campagna della paura”. Propagandare uno scenario catastrofico in caso di divorzio da Bruxelles. Disoccupazione, declino economico, aumento incontrollato dei prezzi. L’accusa proviene da chi, quel divorzio, lo auspica. E viene indirizzata al fronte opposto. D’altronde se l’immigrazione nutre il voto “emotivo”, la convenienza economica è il tema più dibattuto e controverso per chi cerca argomenti razionali. Quali costi e/o benefici comporterebbe l’eventuale uscita dall’Unione? Con quali accordi? Dopo quanti anni di negoziato? Una battaglia di cifre, proiezioni, ipotesi, in clamoroso disaccordo gli uni dagli altri. A seconda dell’indirizzo ideologico di chi li utilizza.
Scenari catastrofici
Quel che è certo è che nel 2015 il Regno Unito ha contribuito, al netto degli investimenti europei sull’isola, con 8,5 miliardi di sterline (11,7 miliardi di franchi) al budget europeo. Un versamento che i sostenitori Brexit vorrebbero rimanesse nelle casse della Regina per spese domestiche. Trascurando però - l’accusa è del Premier Cameron - le inevitabili implicazioni in termini di barriere doganali, fuga degli investimenti, nuove regolamentazioni, minor manodopera a basso costo. PwC, colosso per la revisioni dei bilanci, ha pubblicato uno studio, commissionato dalla Confindustria britannica, che tratteggia un cataclisma in caso di uscita: una perdita immediata pari al 5% del Pil, un milione in più di disoccupati entro il 2020. Non meno allarmante il report diffuso da Centre for Economic Performance, secondo cui l’addio all’Unione costerebbe ad ogni famiglia una cifra variabile tra i mille e duemila franchi.
Rapporto Moody’s
L’ultimo rapporto dell’agenzia di rating Moody’s delinea - in caso di successo Brexit - un impatto “relativamente piccolo”, con una crescita della disoccupazione “non significativa”, un declino “non sostanziale” dei prezzi delle proprietà. Senza dazi né perdita occupazionale perché - scrive Moody’s - sarebbe nell’interesse comune di Londra e Bruxelles evitare lo scontro frontale, mantenendo accordi economicamente favorevoli per tutti. Un effetto contenuto sull’economia dunque che ha convinto banche come Hsbc a confermare la loro permanenza nella City a prescindere dall'esito del referendum. Che si annuncia incerto almeno quanto le presunte conseguenze. D’altronde era uno dei più grandi statistici del ‘900, George Box a sostenere che “tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni sono utili”.
Lorenzo Amuso