Prima ancora di scoprire l’impatto che avrà sul futuro di Londra, il referendum di giugno sta già provocando un forte scossone sull’economia del Regno Unito. E il primo a saperlo è Thomas Sweetman, di professione imprenditore. Come sempre in questi casi, è l’incertezza socio-politica il principale nemico degli affari. Nel recente passato una situazione simile era capitata alla vigilia del referendum scozzese o delle ultime elezioni generali. Quando l’esito della contesa appare incerto, e i sondaggi offrono previsioni al di sotto della soglia di fallibilità senza indicare un netto vincitore, gli investitori si spaventano. Lo conferma l’ultimo studio condotto da Deloitte, azienda di consulenza e revisione, che ha analizzato le ansie delle grandi aziende britanniche. Al primo posto - ancor più delle preoccupazioni per la contrazione dell’export nei paesi dell’eurozona, dell’eventuale crescita dei tassi d’interesse, del possibile rallentamento della ripresa economica - c’è appunto la Brexit. O meglio, la sola possibilità - assolutamente reale dunque realizzabile, secondo i sondaggisti - che vinca il divorzio da Bruxelles. Non spaventa il solo risultato in sé, che pure è osteggiato dalle principali società di Sua maestà. Basta l'ipotesi di una vittoria euroscettica per determinare un clima di incertezza, destinato a durare altri due mesi.
Caduta della sterlina
Fin da subito la stragrande maggioranza delle grandi aziende si era schierata per restare in Europa finanziando la campagna elettorale degli unionisti. Ma ora, davanti ad uno scenario quanto mai liquido e indecifrabile, è sufficiente il timore Brexit per rallentare gli investimenti, ritardare le assunzioni. Posticipare i piani industriali a dopo il referendum, quando - in un caso o nell’altro - sarà stato comunque ripristinato un clima di maggiori sicurezze. “D’altronde è ormai dimostrato che esiste una diretta correlazione tra la propensione al rischio e un contesto di certezze. Quando quest’ultime vengono meno, gli imprenditori si preoccupano”, spiega Ian Stewart di Deloitte. E’ anche per questo che la Banca d’Inghilterra ha deciso di congelare i tassi d’interesse, fermi insolitamente allo 0,5% ormai da mesi. Ed è riconducibile al risultato del referendum anche la picchiata verso il basso della sterlina che, da metà novembre, ha perso circa il 10% del suo valore rispetto alle principali valute. Una pessima notizia per l’economia britannica che dopo sei mesi di sofferenza avrebbe potuto beneficiare dei segnali positivi provenienti dagli Stati Uniti e dai paesi emergenti. Tutto rimandato all’estate, ad urne chiuse.
Lorenzo Amuso