Un capitolo nuovo si apre nella storia della Colombia: dopo 52 anni di un conflitto che ha causato più di duecentomila morti è stato siglato un accordo di pace tra il governo e le
FARC (Forze Armate rivoluzionarie della Colombia), il gruppo guerrigliero più longevo dell’America Latina. L’intesa è stata raggiunta dopo quattro anni di negoziati in territorio neutro all’Avana e ora è sottoposta al voto popolare in un referendum. Le trattative in terra cubana sono state particolarmente impegnative ed è stato decisivo il sostegno di numerosi paesi che hanno fatto da garanti all’intero processo. Per questo, al momento della
firma solenne a Cartagena de las Indias, erano presenti diversi capi di stato e invitati stranieri.
Il popolo colmbiano deciderà, votando, se ratificare l'accordo di pace
I colombiani hanno accolto la notizia con gioia, anche se non mancano le critiche al documento di 267 pagine che traccia, punto per punto, il complicato processo di transizione degli uomini armati dalla resistenza nella selva colombiana alla società civile. Uno dei punti più controversi è il sostegno dato dal governo alla formazione di un “partito delle FARC”, al quale verranno assegnati di diritto cinque seggi in parlamento nelle prossime due legislature.
La campagna elettorale per il referendum è stata breve ma intensa. Fra gli oppositori all’accordo c’è l’ex presidente conservatore Alvaro Uribe, acerrimo nemico delle FARC. Sono scettici su alcuni punti anche i famigliari delle vittime o gli ex sequestrati della guerriglia. I SI sono dati comunque in netto vantaggio da tutti i sondaggi. Tra di loro vi è il generale della Polizia Nazionale Luis Mendieta, ostaggio nella selva per 12 anni, dal 1998 al 2010. Durante la sua prigionia ha avuto pochissimi contatti con la famiglia, soffrendo l’angoscia di non poter vedere i suoi due figli crescere. Liberato da un blitz dell’esercito oggi è particolarmente attivo tra le associazioni delle vittime, militari o civile, delle FARC.
Le riflessioni di Luis Mendieta, ostaggio delle FARC per 12 anni - di Emiliano Guanella
RSI Info 30.09.2016, 14:12
Per il governo del presidente Juan Manuel Santos inizia ora un difficile periodo di transizione. I 6.000 soldati delle FARC consegneranno le loro armi in cambio di programmi di reinserimento nella società civile. Lo Stato li aiuterà a cercare lavoro o tornare a scuola. Un’amnistia sarà applicata per i reati minori, mentre una speciale “giustizia di transizione” esaminerà i delitti che possono essere considerati di lesa umanità, come le stragi dei contadini. Gran parte delle vittime del conflitto, al quale hanno partecipato anche altri gruppi armati come la guerriglia dell’ELN o i paramilitari di estrema destra, sono civili. Molte altre questioni verranno affrontate, dal recupero delle terre, alla distruzione delle coltivazioni di coca che erano sotto il controllo delle FARC, dall’individuazione delle fosse comuni alla raccolta di testimonianze per la memoria storica, oltre che per quella processuale. Un percorso doloroso, ma necessario per poter creare una cultura di pace per le prossime generazioni di colombiani.
Emiliano Guanella