Riuscirà la Grecia a riprendere quota dopo il voto popolare di domani? E cosa accadrà a chi, lunedì, cercherà di prelevare soldi al Bancomat? Quali gli scenari che si prospettano? Domande, queste, che abbiamo rivolto al responsabile della redazione economica della radio, Luca Fasani, inviato ad Atene la scorsa settimana e che... non lascia grandi speranze per il lunedì 6 luglio.
I problemi della Grecia non si risolvono con un "sì" o un "no "al referendum sulle misure di austerità. Vista la mancanza di un accordo con le istituzioni europee e il Fondo Monetario Internazionale il governo greco non ha avuto alternative alla chiusura delle banche. Banche che lunedì non potranno riaprire, e questo indipendentemente dal risultato che uscirà dalle urne. E non potranno mancare riforme. È facile schiacciare il tasto off e spegnere, o mettere in stand by, il sistema bancario, ma per farlo ripartire non sarà a disposizione nessun tasto on. Non è cosi semplice come riempire un bancomat.
Lo scenario del "no"
Se vince il “no” siamo al punto di partenza del muro contro muro con il governo ellenico in carica che difficilmente potrà convincere BCE e partner europei ad allargare i cordoni della borsa in pochi giorni, e magari senza offrire contropartite. Governi europei a cui si può segnalare il proverbio greco: “Il borsellino del mendicante è senza fondo”. Non dimentichiamo poi che se il 20 luglio non verrà pagato il dovuto alla Banca Centrale Europea questa probabilmente non potrà permettersi di continuare a rinnovare la liquidità d’emergenza. Di certo è chiusa la porta del FMI, che non può concedere nuovi aiuti se Atene non regola gli arretrati. La via più probabile sarebbe quella del Grexit con l’emissione di una nuova valuta e le difficoltà che ciò comporta. Una soluzione contraria però al volere della maggioranza dei greci, che secondo i sondaggi non vogliono rinunciare all’euro.
Lo scenario del "sì"
Stallo per le banche elleniche anche se vince il “sì”. A questo punto il governo guidato da Alexis Tsipras di Syriza dovrebbe farsi da parte e per indire nuove elezioni ci vuole tempo. Tempo che il paese non ha, senza dimenticare che potrebbe nuovamente imporsi Syriza e allora si torna alla casella di partenza. La scappatoia potrebbe essere quella di un governo tecnico o di unità nazionale. Nuovo governo che dovrebbe ricominciare a negoziare un nuovo pacchetto di aiuti. Pacchetto che dopo i danni prodotti dall’incertezza degli ultimi mesi, e specialmente degli ultimi giorni, dovrà essere più sostanzioso di quanto previsto finora e magari anche includere misure di austerità più severe.
Lo scenario del "ni"
Peggio ancora potrebbe andare a finire con un risultato tirato. Cosa succederebbe se lo schieramento perdente si rifiutasse di riconoscere il risultato invocando brogli della controparte o gli effetti di ricatti esterni?
In ognuno di questi tre scenari chi ha soldi in banca li porterebbe via alla prima occasione per la paura e l’incertezza di quel che potrebbe accadere. Per lo stesso motivo resteranno lontani gli investitori stranieri. Insomma lunedì la Grecia si metterà sulla strada del Grexit o ritenterà la via dell’austerità, ma l'eoncomia resterà ingrippata e le banche rimarranno chiuse e non riapriranno prima che siano stati stabiliti dei limiti alla circolazione dei capitali. Se poi questi capitali verranno contati in euro o dracme si vedrà. In ogni caso il paese non sfuggirà alla necessità di continuare le riforme, anche riguardo al sistema pensionistico. L’Unione Europea dovrà invece rassegnarsi a ritrovarsi in casa uno stato membro fragile. Appare chiaro che la Grecia non è in grado di ripagare i suoi debiti, tocca ora ai suoi partner europei decidere come andare avanti. E non dimentichiamo che anche loro devono fare i conti con il proprio elettorato. Fra le opzioni il lanciare un sostanzioso piano Marshall di aiuti per far tornare a crescere la Grecia, pacchetti a termine come finora, una cassa del mezzogiorno, uno stato sociale comune, lasciar perdere e così via. Insomma bisognerà scegliere fra più o meno Europa.
Comunque vista la situazione disastrata dei conti pubblici e dell’economia ellenica, l’impressione è che per molti in Grecia la crisi di questi anni farà rima con emigrazione o addirittura esodo.
Luca Fasani