La quinta puntata del diario di Annick Reiner, a Kathmandu da 10 mesi dove lavora come volontaria per l'ONG Kam For Sud:
Nel giardino della guesthouse rimangono alcuni monaci, una donna anziana è malata, non si regge in piedi senza sostegno. Marcus è partito così come Annaelle, John e la sua ragazza, una coppia di tedeschi e l'agopunturista cinese. Molti turisti partono non trovando più motivazione a rimanere qui, altri proseguono il loro viaggio verso altre mete elidendo dai loro programmi il periodo previsto in Nepal. Dal racconto di alcuni la partenza è certo liberatoria ma è anche vissuta come un abbandono del popolo nepalese in un momento di aggiunta difficoltà. L'ambivalenza impedisce comunque sia di trovare la pace. V'è un pianto sommesso che sgorga dagli occhi della francese che faceva i "minilibri", è quasi incredula quando l'ambasciata francese annuncia al telefono che lei e un gruppo di trekkers sono i prossimi a partire...domenica via Doha. Non può più prendersi cura di s'è stessa, non può essere dunque utile in Nepal, la ascolto, la comprendo e glielo sussurro in un lungo abbraccio...
Ieri mattina nelle strade fradice scendo nei quartieri a sud-est, vado a Pashupatinath. Davanti al "gate" principale le case hanno ceduto, si sono in parte frantumate al suolo. Le entrate sono libere, nessun turista è venuto a fotografare i testicoli di Nandi, il grande toro, veicolo del Dio Shiva a cui la grande area è dedicata, l'ingresso è vietato ai non indù, oggi però nessuno controlla. Mi reco verso le rive del fiume sacro, il Bagmati, il fumo intenso, bianco, odoroso emerge dai tetti, so perfettamente cosa mi aspetta...molti corpi avvolti nelle "Mala", le corone di fiori arancioni, sulle barelle, sono pronti alla cremazione.
Non ci sono i Sadhu veri o presunti a farsi fotografare, ci sono però coloro che si trascinano nudi nelle pozzanghere d'acqua, cantano sotto la pioggia o urlano frasi, sempre le stesse alle piante o a un arabesco di un cancello di metallo arrugginito.
La riva nord del fiume è affollata, i corpi bruciano e quando essi sono ridotti in polvere l'uomo in bianco preposto a preparare le pile, sposta con un gesto deciso con un lungo bastone di bambù i grossi ciocchi neri e li rovescia nel fiume per spegnerli, molti corpi, poca legna, in questi giorni bisogna risparmiare! Poco dopo, dall'altra parte del fiume arrivano gli uomini con i carretti a raccoglierli, portarli sull'altra riva per farli asciugare e ricominciare dunque a disporli sotto altri corpi e così via. Il cornea excision Center, è chiuso con un pesante lucchetto. In questi giorni il cielo è grigio, si semplificano i complessi rituali di lavaggio e unzione con l'acqua del fiume, non c'è tempo...in molti attendono. I nepalesi sono abituati ad aspettare in lunghe file alle ambasciate per espatriare, nelle banche per ritirare i loro miseri salari statali, agli sportelli delle polizie di quartiere per denunciare abusi e misfatti di vario genere, fanno la coda per avere il gas, l'acqua potabile, forse non mi devo sorprendere che facciano la coda anche da morti attendendo pazientemente il loro turno!
Annick Reiner, venerdì primo maggio da Kathmandu