Questo lavoro ha ottenuto, il 26 aprile 2017, una menzione nell'ambito del Premio di giornalismo della Svizzera italiana (conferito dall'Associazione ticinese dei giornalisti) nella categoria "On line". Premiato "Un voto sul nucleare" (di J. Mantovan, A. Ricordi e F. Salmina).
La frontiera al confine fra Italia e Francia è un muro di gomma. I migranti tentano ogni giorno di passarla, ma vengono rimbalzati indietro. E il salto, questa volta, non è di qualche chilometro, ma di centinaia. Molti di quelli intercettati sul confine fra Ventimiglia e Mentone vengono caricati ormai giornalmente sui pullman messi a disposizione dai trasporti della Riviera Ligure. Lontano dagli occhi e dalle telecamere, scortati ciascuno da un agente, vengono accompagnati nel sud Italia, a Taranto, da dove forse erano transitati solo qualche giorno prima.
La fase di alleggerimento"
"La polizia di Stato descrive questa operazione 'di alleggerimento', per far respirare la città confrontata con il massiccio arrivo di profughi ormai da settimane - ci spiega l’assessore al Bilancio della Città di Ventimiglia, Franco Faraldi -. I 'No Borders' definiscono questa procedura, una deportazione". Al di là dei termini usati, la misura ha avuto il suo primo effetto: arrivati sugli oramai conosciuti Sassi rossi, luogo di bivacchi e manifestazioni, non c’è più nessuno. Solo una camionetta dei carabinieri e degli uomini dell’esercito. Un anno fa qui c’erano decine di persone. Una settimana fa qui si consumavano gli scontri con la polizia. Ora più nulla.
Una frontiera chiusa, ma permeabile
"La frontiera rimane comunque permeabile", continua Faraldi a cui fa eco il sindaco di Mentone Jean-Claude Guibal: "Rispetto all’anno scorso (leggi il nostro reportage) non è cambiato niente. L'unica novità? Ora i migranti provano a passare il confine dai sentieri di montagna che sovrastano il mare, rendendo così impossibile controllare i loro movimenti. L’area è troppo estesa".
Ma la soluzione sembra essere momentanea, almeno secondo don Rito Alvarez che, nonostante le proteste dei vicini, ogni giorno accoglie decine di persone nella sua chiesa, in spazi trasformati in dormitori. Le donne e i bambini trovano una soluzione momentanea, gli uomini vengono sistemati a circa tre chilometri, al centro di accoglienza del Parco Roja. "Pochi vogliono stare in Italia - spiega il sacerdote -; quelli che vengono rispediti nel sud, poi ritornano qui. E’ già successo. Ci sono persone che continuano a fare il giro. Scendono, risalgono, vengono respinti, e poi così ancora".
Nella struttura di Don Rito, la metà delle persone viene dal Sudan. Il prete non chiede nessun aiuto allo Stato ma vive di carità, di azione di volontariato e di aiuti. La strada asfaltata dove sorge la chiesa è puntellata da migranti che camminano avanti e indietro. Poliziotti, anche qui, presidiano la situazione. Poco più in là, fra i binari dismessi della ferrovia, c’è il centro di accoglienza della Croce Rossa, composto da container, docce, bagni e una mensa.
Il mare da qui non si vede. Nemmeno la frontiera. Tutti sembrano stanchi: i poliziotti, i migranti, la popolazione, i volontari. La soluzione? Per tutti è chiara: deve essere ricercata non in queste strade, non in un tempo che contempli solo l’ora o al massimo il domani e non in queste città che sono l’una il prolungamento dell’altra.
Alessandra Spataro
Il nostro dossier: Le vie dei migranti
RG 12.30 del 13.08.16: il reportage di Alessandra Spataro
RSI Info 13.08.2016, 16:17
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Dal TG20
Reportage da Ventimiglia
Telegiornale 13.08.2016, 22:00